Lezione 1
30 giugno – 6 luglio 2018
Voi sarete miei testimoni
«Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra»
(Atti 1:8)
Sabato
INTRODUZIONE
Passare ai fatti
di Renard Doneskey, Cleburne, Texas, USA
Atti 1:1–3
La lezione di questo trimestre è incentrata sul libro degli Atti. Già il titolo rende chiaro che il contenuto verte su quanto gli apostoli fecero dopo la risurrezione e l’ascensione di Gesù. Leggendo, prendiamo atto di come si comportavano gli apostoli. Il verbo «agire» suggerisce comportamento, non pensieri, intenzioni o motivazioni. La parola «atti», come sostantivo plurale, descrive i risultati di quelle azioni. Il libro, quindi, si concentra sulle azioni, non sulle parole. Per iniziare a pensare agli «atti» come a una collezione di azioni, riflettiamo su un modo di dire e poi guardiamo un esempio personale.
Prima il detto: «Se hai intenzione di fare la predica, è meglio che tu passi ai fatti». In altre parole, prima di predicare, metti in pratica quello che credi. Il detto spesso viene usato quando le persone non si comportano in modo coerente con quello che dicono, ma predicano e basta. Le persone odiano l’ipocrisia e quindi molti vogliono vedere un comportamento corretto, non ascoltare prediche o sermoni. I discepoli erano esempi viventi di persone che passavano ai fatti; molti di loro furono martiri per la loro fede, dopo aver insegnato, predicato e guarito i malati. Vivevano la loro fede.
Poi, l’esempio: Mia moglie spesso mi chiede perché qualcuno ha fatto qualcosa di strano, meschino o degradante. Di solito rispondo, senza essere ironico, «Non mi interessa. Non lo sapremo mai, quindi non mi importa. Quello che importa è cosa ha fatto». Credo che le azioni contino più delle parole. Quando le persone trattano male gli altri, alla fin fine alla vittima non importa cosa abbia motivato l’azione. E al contrario, quando le persone trattano bene gli altri, specialmente se siamo i beneficiari di una buona azione, non mettiamo in dubbio le motivazioni. Sappiamo solo che hanno fatto una buona cosa e che siamo stati benedetti. Quindi, il miglior esempio di Cristo non viene da un predicatore dall’alto del pulpito, ma da una persona che aiuta il vicino di casa che è caduto, una persona che si ferma vedendo un incidente stradale e conforta i feriti, una persona che prepara del cibo per la famiglia che ha appena perso una persona cara.
Pensando agli «atti» degli apostoli, possiamo cercare modi in cui possiamo essere più deliberati nel nostro comportamento. Mentre la salvezza non dipende dalle nostre opere, quello che facciamo ha importanza. Certamente importerà a quelli che aiutiamo. Siamo tutti apostoli di Cristo, chiamati a seguire le sue orme. Essere come Gesù vuol dire comportarsi come si è comportato lui: egli era tollerante, indulgente e intraprendente, spesso andando controcorrente rispetto alle usanze comuni. Preghiamo di poter imparare meglio come «passare ai fatti».
Domenica
LOGOS
Pronti, attenti, aspettate
di Daniela Recalde, San Antonio, Texas, USA
Atti 1:6, 7; Luca 24:25
Aspettativa e delusione (Genesi 3:15; Luca 24:19–21)
Fin dalla promessa nel giardino dell’Eden (Genesi 3:15), il popolo di Dio aspettava un Redentore. Documentavano con attenzione ogni nascita e potevano facilmente seguire i propri antenati fino alle dodici tribù, Abraamo e perfino Adamo. Ogni donna sperava ansiosamente di partorire un bambino che sarebbe stato il Messia.
Ma con il passare del tempo, le nazioni della terra crebbero, e il popolo di Dio diventò sempre più oppresso. Questo fece sì che gli ebrei perdessero di vista la promessa originale e iniziassero ad aspettare qualcuno che avrebbe restaurato un regno terreno. Era questo il clima di Israele ai tempi in cui nacque Gesù; gli ebrei aspettavano qualcuno che li liberasse dai loro oppressori politici, non dai loro peccati. Gesù passò tre anni svolgendo il suo ministero con i discepoli, cercando di chiarire questo equivoco.
Ciò nonostante, vediamo in Luca 24:19–21 che i discepoli continuavano a volere un regno terreno restaurato. Sulla strada per Emmaus, raccontano tutta la storia di Gesù all’uomo che cammina con loro. Gli parlano delle sue azioni e parole, ma anche della sua crocifissione e della loro delusione perché «speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele». Immagina la delusione quando quest’uomo, in cui avevano riposto tutta la loro speranza, era stato condotto per essere crocifisso.
Insensati (Luca 24:25)
Ma invece di confortarli, Gesù li chiama insensati e lenti di cuore nel credere. Sembra un po’ duro che Gesù rimproveri qualcuno per non aver capito qualcosa. Per questo è importante notare che Gesù non dice che hanno difficoltà a capire, ma solo a credere. Questo viene reso chiaro nel versetto successivo, quando fa la domanda tendenziosa, «Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò…?» (Luca 24:26). Dato che Gesù aveva spiegato loro queste cose più e più volte nel corso del suo ministero, la risposta ovvia è, «Sì, certo», ma loro non dissero niente.
Gesù procede a spiegare tutte le profezie sul Messia nelle Scritture, facendo notare che avevano anticipato la sua persecuzione e morte. Quegli uomini non erano confusi dalle profezie. Gesù aveva passato così tanto tempo con loro che era quasi impossibile che avessero frainteso la missione del Messia. L’unica cosa che li rendeva insensati era quanto si stessero aggrappando alle proprie idee invece di credere alle promesse delle Scritture.
Testimoni (Luca 24:30–31, 34)
Solo quando arrivano alla loro destinazione e Gesù spezza il pane con loro, i loro occhi si aprono e finalmente capiscono ciò che sta succedendo (Luca 24:30, 31). A questo punto non solo capiscono, ma credono, e vanno dagli altri con entusiasmo per condividere che «il Signore è veramente risorto» (Luca 24:34).
Mentre succede tutto questo, Gesù appare a tutti i discepoli e spiega di nuovo le profezie sul Cristo, e come egli ha dovuto soffrire, morire e risuscitare. Poi spiega che devono essere suoi testimoni e condividere quello che hanno visto e compreso con tutti, non solo con gli ebrei.
Restaurazione (Atti 1:6, 7; Luca 24:48, 49)
L’unico problema è che ai discepoli, ora pronti a correre a raccontare al mondo la buona notizia, viene detto che devono aspettare: «Ed ecco, io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi, rimanete in città, finché siate rivestiti di potenza dall’alto» (Luca 24:48, 49). Quindi eccoli lì, sul monte degli Ulivi, pronti per l’ascensione. Hanno appreso ai piedi di Gesù per tre anni. Hanno visto i suoi miracoli. Hanno ascoltato le sue parole. Finalmente comprendono e credono alle profezie. Sono pronti a parlare al mondo della ricostruzione spirituale — non una ribellione politica — che Gesù è venuto ad attuare. E proprio mentre si stanno preparando a iniziare la corsa, Gesù in pratica dice, «Pronti, attenti, aspettate».
Hanno questa straordinaria notizia da condividere con il mondo — la verità della missione del Messia e la restaurazione di Israele, ma Gesù dice loro che hanno bisogno di una preparazione maggiore; la loro forza umana non sarà sufficiente per un compito così monumentale. Prima di poter andare nel mondo e fare tutte le cose che devono fare, devono ricevere l’effusione dello Spirito Santo.
Sentendo questo, i discepoli chiedono a Gesù, «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?» Questa volta, diversamente dalla prima volta in cui viene menzionata la restaurazione, Gesù non li rimprovera. Sa che non lo stanno chiedendo per carenza di comprensione della sua missione, né stanno chiedendo per carenza di fede. Sa che sono ansiosi di vedere il compimento delle sue promesse. Quindi, dice loro che non spetta a loro sapere i tempi o le stagioni. Il loro compito è semplicemente di andare nel mondo e fare discepoli.
Rispondi
- Senti di aver aspettato a lungo che Dio mantenesse una promessa? È possibile che tu abbia frainteso quella promessa? Prega che Dio ti renda chiara la sua volontà per te.
- Sei lento a credere alle promesse e alle profezie che Dio ha già chiarito? Perché? Cosa potrebbe aiutare la tua fiducia in quelle promesse?
- Forse c’è qualcosa nella tua vita che sei ansioso di iniziare, ma che non hai potuto. Va bene tardare, specialmente se Dio ti sta chiedendo di aspettare la sua benedizione.
Lunedì
TESTIMONIANZA
Ellen White sulla missione dei discepoli
di Benjamin Ermshar, Keene, Texas, USA
Atti 1:8, Luca 24:44–48
«La loro fede [dei discepoli] fu pienamente confermata da ciò che il loro diletto Maestro spiegava loro in riferimento all’adempimento delle profezie contenute nelle Scritture… Erano chiamati a essere testimoni verso il mondo degli eventi che avevano caratterizzato la vita del Cristo, la sua morte e risurrezione, le profezie che a essi si riferivano, i misteri del piano della salvezza e della potenza di Gesù per il perdono dei peccati».[1]
«Prima di salire al cielo, Cristo dette il mandato ai suoi discepoli, dicendo che sarebbero stati gli strumenti per far conoscere al mondo i tesori della vita eterna… [Disse ai discepoli:] “Dovete diffondere questo messaggio di misericordia… A Israele, in primo luogo, e poi a tutta la popolazione della terra”».[2]
«Dopo l’effusione dello Spirito Santo, i discepoli, rivestiti della completa armatura divina, andarono come testimoni per raccontare la meravigliosa storia della mangiatoia e della croce. Erano uomini umili, ma andarono avanti con la verità. Dopo la morte del loro Signore, erano un gruppo impotente, deluso e scoraggiato — come pecore senza un pastore: ma ora vanno avanti come testimoni della verità, con la Parola e lo Spirito di Dio come unica arma, per trionfare su tutta l’opposizione».[3]
«Il mandato evangelico per il suo carattere missionario costituisce la più importante presentazione del regno di Dio. Compito dei discepoli era quello di adoperarsi con impegno per rivolgere a tutti l’invito della misericordia divina. Dovevano andare dalla gente per portare il messaggio… Ogni loro parola e ogni loro azione per poter avere quella forza vitale in grado di salvare i peccatori dovevano orientare l’attenzione verso il nome del Salvatore… Il nome del Cristo doveva costituire… il loro segno di distinzione…, l’autorizzazione ad agire e la fonte del loro successo».[4]
«”Mi sarete testimoni” [Atti 1:8]. Queste parole di Gesù non hanno perso la loro forza. Il nostro Salvatore chiama testimoni fedeli in questi giorni… ma pochi… sono pronti a dare una testimonianza fedele e personale per il loro Maestro. Molti possono raccontare ciò che gli uomini buoni e grandi delle generazioni passate hanno fatto, osato, sofferto e goduto… Ma mentre presentano onestamente altri cristiani come testimoni di Gesù, sembrano non avere una propria esperienza recente e opportuna da raccontare».[5]
Rispondi
- Quali aspetti della missione dei discepoli può essere applicata a come testimoniamo?
2. Come puoi assicurarti di essere un testimone volenteroso e avere una qualche «esperienza opportuna» da condividere?
[1] Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, p. 18
[2] Idem
[3] Ellen G. White, Ye Shall Receive Power, p. 165.2
[4] Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, pp. 18-19
[5] Ellen G. White, Gospel workers, 1915, p. 273.1
Martedì
EVIDENZA
Siete forti insieme prima di essere forti separati
di Loisbet Castro, Keene, Texas, USA
Atti 1:12–14
Il libro degli Atti è importante perché descrive dettagliatamente l’inizio della missione dei discepoli sulla terra e gli straordinari effetti che il vangelo ebbe su le persone con cui gli apostoli lo condividevano. In questo capitolo, i discepoli sono all’inizio della loro preparazione per continuare l’opera di Gesù, ma egli ha detto loro di restare insieme e aspettare lo Spirito Santo. Questo è importante perché indica che Gesù aveva per i suoi seguaci un piano che era più grande di ogni individuo e della loro rispettiva testimonianza.
Questo era un momento importantissimo per la chiesa e per il mondo, nel senso che l’impatto del cristianesimo certamente non è rimasto locale. Gli apostoli avrebbero affrontato molti ostacoli e persecuzioni nel lavorare diligentemente per diffondere la verità del vangelo più velocemente e più lontano possibile. Impegnandosi insieme e mantenendo l’unità tra i seguaci di Gesù era ed è ancora molto importante per il successo.
Ai tempi del libro degli Atti, l’impero romano all’inizio era molto stabile. Avvicinandoci alla fine del libro degli Atti, le cose sarebbero diventate più turbolente, specialmente per i cristiani che sarebbero stati criminalizzati sempre di più finché alla fine Nerone li avrebbe incolpati per il grande incendio di Roma. Durante il primo capitolo degli Atti, i seguaci erano relativamente pochi, quindi c’era bisogno di organizzazione.
Anche Gesù aveva visto questo bisogno e aveva un piano. Si parla della Pentecoste approfonditamente nel secondo capitolo degli Atti; tuttavia, l’inizio della Pentecoste avviene nel primo capitolo. Nel quarto versetto, Gesù comanda ai suoi seguaci di restare a Gerusalemme. Va avanti dicendo, «Giovanni battezzò, sì con acqua, ma voi sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni» (v. 5). Poi rivelò il suo piano dicendo, «riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, [. . .] e fino all’estremità della terra» (v. 8). Gesù parlò ai discepoli della potenza della Pentecoste e disse loro di restare a Gerusalemme per un motivo.
Il comando di Gesù di restare a Gerusalemme faceva parte del suo piano di radunarli tutti nello stesso posto. Chiaramente Gesù voleva che il vangelo fosse diffuso in tutte le parti del mondo, quindi il suo comando contro intuitivo di restare circoscritti per un periodo di tempo prima di avere la Pentecoste era intenzionale e deve aver avuto lo scopo di portare all’organizzazione dei suoi seguaci.
Rispondi
- Perché Gesù non poteva benedire i suoi seguaci con la potenza dello Spirito Santo senza radunarli a Gerusalemme?
- Pensi che la chiesa sarebbe stata altrettanto unita o efficace senza il comando di Gesù ai discepoli di restare e aspettare la Pentecoste?
Mercoledì
COME FARE
Testimoniare Dio
di Kylie Kurth, Indianola, Iowa, USA
Atti 1:9–11; Deuteronomio 19:15
Quando Gesù ascese in cielo, i discepoli guardarono in su con gli occhi fissi sulla nuvola che nascondeva Gesù. Erano così concentrati sulla partenza di Gesù, che non si accorsero dei due angeli che apparvero accanto a loro, ricordando ai discepoli che Gesù presto sarebbe tornato. Avevano un grande compito da assolvere: testimoniare di Gesù Cristo e diffondere la sua buona notizia in tutto il mondo.
Noi abbiamo lo stesso compito da assolvere. Potremmo non essere in grado di fare miracoli, ma abbiamo tutti ricevuto dallo Spirito Santo doni e talenti: strumenti da utilizzare per guarire gli altri e guidarli verso Colui che ci ha dato quella capacità.
Qui ci sono dei modi per allungare la mano:
Condividere testimonianze personali. A volte, l’unico modo in cui gli altri iniziano a riconoscere la gloria e la bontà di Dio è attraverso le prove e le benedizioni nella vita di altri. Puoi condividere la tua testimonianza per mostrare ciò che Dio ti ha aiutato a superare. Il tuo viaggio può fare da ponte sul divario tra quelli che hanno sofferto eventi simili, e può essere usato per dare speranza. Abbiamo altri modi di comunicare con il mondo di quanti ne avessero i discepoli e i seguaci di Gesù — fai buon uso del tuo cellulare e di internet!
Recluta gli altri. È importante condividere la tua testimonianza, ma quanto è più potente la testimonianza di tanti? «Un solo testimone non sarà sufficiente per condannare un uomo, qualunque sia il delitto o il peccato che questi ha commesso; il fatto sarà stabilito sulla deposizione di due o tre testimoni» (Deuteronomio 19:15). La potenza di una testimonianza ha i suoi limiti, ma molte testimonianze aumentano la potenza di ogni storia individuale, ogni prova come dimostrazione del carattere di Dio.
Ricorda le promesse di Dio. Dio fa tante promesse nella Bibbia. Le sue promesse sono vere; ci sono prove di questo nella Bibbia — tutte le promesse che ha mantenuto — e nella vita di innumerevoli persone oggi.
Fai affidamento su Dio. Se sappiamo che le sue promesse sono vere e che abbiamo visto ciò che egli ha fatto per noi e per le persone attorno a noi, esistono ampie prove del fatto che possiamo affidare la nostra vita a Dio. Possiamo appoggiarci a lui; dobbiamo appoggiarci a lui se abbiamo intenzione di arrivare agli altri. Non dovremmo cercare di fare niente da soli; Dio è la fonte di tutta la nostra forza. «Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del Signore è spuntata sopra di te!» (Isaia 60:1).
Rispondi
- Hai una testimonianza di cui puoi servirti per testimoniare agli altri? L’hai condivisa, e se non lo hai fatto, cosa ti trattiene?
- Come puoi condividere Dio con quelli che non lo hanno mai conosciuto o con quelli che hanno indurito il loro cuore?
Giovedì
OPINIONE
Un piano di riserva
di Andre Doneskey, Keene, Texas, USA
Atti 1:21–23, 26
Non tutto va secondo i piani su questa terra. Questo era certamente vero per i discepoli di Gesù. Dev’essere stato uno shock sentire Gesù dire: «In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà» (Giovanni 13:21). Dev’essere stato scioccante vedere Giuda alzarsi e andarsene durante quell’ultima cena. Giuda, il loro amico, non era chi pensavano che fosse. «Non è così che doveva andare», potrebbero aver detto.
A volte le cose non vanno secondo i piani e le persone di cui ci fidiamo ci «tradiscono», o tradiscono l’immagine che abbiamo di loro. Ci si può trovare in una situazione simile a quella dei discepoli: con un vuoto che una volta era pieno.
Penso che sia importante guardare i discepoli che sostituiscono Giuda. È breve, e facile da lasciarsi sfuggire. Ma penso che la storia ci dia un buon esempio di come Dio e le persone possono gestire al meglio le situazioni con un piano B.
Nel corso della vita, varie persone entrano ed escono; amici arriveranno e vecchi amici andranno via. A volte queste esperienze possono essere dolorose e inaspettate. Ma credo che Dio consideri teneramente momenti del genere, quando soffriamo la perdita di qualcuno. E con tenerezza, Dio mette delle persone nella nostra vita per sostituire quelli che ci hanno lasciato. Non ci abbandona al dolore temporaneo della separazione, ma pianta nuovi semi che cresceranno.
Si dovrebbe anche notare che i discepoli non cercarono di capire chi fosse la persona migliore per sostituire Giuda. C’era più di un’opzione. Giuseppe e Mattia furono entrambi scelti come uomini buoni «che sono stati in [loro] compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù» (Atti 1:21) era stato con i discepoli. Ma i discepoli, essendo solo uomini, non potevano conoscere il cuore di quegli uomini né sapere chi sarebbe stato il migliore per sostituire Giuda. I discepoli si affidarono alla sapienza di Dio per fare la scelta finale.
Quindi i discepoli pregarono, «Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, mostra quale di questi due hai scelto per prendere, in questo ministero e apostolato, il posto che Giuda ha abbandonato . . .» (Atti 1:24–25). I discepoli tirarono a sorte, lasciando la scelta al Signore, «e la sorte cadde su Mattia» (Atti 1:26). Dio sostituì il discepolo perduto, e fu fedele a quelli che avevano perso un compagno.
Rispondi
- Come ci si può fidare che Dio abbia un’influenza in qualcosa di così arbitrario come tirare a sorte?
- La sostituzione di un caro o di un amico è sempre un piano di riserva, o forse ciò che Dio sapeva essere meglio per noi fin dall’inizio?
Venerdì
ESPLORAZIONE
Gli atti saggi di Gesù
di Sasha Doneskey, Cleburne, Texas, USA
Atti 1:21–23, 26
CONCLUSIONE
Più di qualsiasi cosa, Gesù voleva che i suoi cari fossero salvati. Fece tutto ciò che poteva per prepararli a quello che sarebbe venuto, e scelse le persone che pensava fossero le migliori per ogni compito che voleva completare. È così che Mattia fu scelto per sostituire Giuda quando fu rivelato che Giuda non avrebbe potuto completare la missione di profezia. I discepoli non avevano molto tempo per discutere del motivo di tutto quello che era successo; ebbero solo il tempo per valutare la questione e trovare una soluzione. Tutto quello che Gesù fa è per un grande motivo, anche se il motivo non può essere pienamente compreso dagli altri. Tanto di quello che fa può essere poco chiaro, ma una volta compiuto, può essere compreso se siamo disposti a provarci. Pietro poi si alzò e cercò di spiegare a chi era più vicino a Gesù quello che lui aveva capito di quello che stava succedendo. Gli apostoli ora erano in missione da Dio, e stava a loro in quel momento diffondere agli altri quello che conoscevano del Figlio di Dio, in modo che anche loro potessero essere salvati.
PROVA A
- Pensare a un modo in cui puoi essere come gli apostoli e diffondere la tua conoscenza a qualcun altro, attraverso un breve studio biblico o perfino solo una conversazione informale con qualcuno che è interessato.
- Scrivere alcune cose che hai fatto come atto di servizio per qualcun altro in modo da poterti sentire fiero di te ed essere motivato a fare di più.
- Cercare di non concentrarti troppo sul perché di una situazione. Invece siediti, valuta e trova una soluzione ragionevole. La vita va raramente secondo i piani e l’arte dell’adattamento è qualcosa che tutti dovrebbero padroneggiare.
- Leggere più sezioni della Bibbia, specialmente citazioni di Gesù evidenziate in rosso per cercare di conoscere meglio Gesù in modo da poter capire le sue azioni quando conta di più.
- Mettere in pratica quello che predichi. Come si può vedere qui, le azioni valgono molto più delle parole. Se predichi qualcosa, ha senso seguire quello che dici con le tue azioni. Non dire una cosa pur facendone un’altra, perché questo non ti fa apparire come una persona affidabile e le tue opportunità saranno ridotte, come Giuda.
CONSULTA
Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, capitolo 2, «La preparazione dei dodici»; capitolo 3, «Il grande mandato».
LEZIONI PER GIOVANI (18-35 ANNI)
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