SdS CQ (College Quarterly) Terzo Trimestre 2018 – 03

Lezione 3

14-20 luglio 2018

La vita nella chiesa primitiva

«E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo»

(Atti 2:46-47)

Sabato

INTRODUZIONE

Il complesso del troppo poco e troppo tardi

di Dawnette Chambers, Round Rock, Texas, USA

Matteo 28:16–20

Hai mai sentito l’espressione idiomatica, «A day late and a dollar short» [un giorno in ritardo e a corto di un dollaro]? Be’, mi sono permessa di cercare il significato. Significa che «qualcuno ha perso un’opportunità ed era ingiustificatamente impreparato». Dato che un giorno è una quantità di tempo relativamente breve e un dollaro è una quantità di denaro relativamente piccola, quest’espressione idiomatica generalmente suggerisce che qualcuno sia piuttosto vicino ma non abbastanza da essere all’altezza. La frase a volte può anche essere interpretata come un’ammonizione a prepararsi adeguatamente per assolvere le responsabilità ricevute e le aspettative degli altri.

Durante il ministero di Gesù sulla terra, egli diede un incarico a dodici uomini, invitandoli a seguirlo in modo che potesse fare di loro dei pescatori di uomini. Dopo la sua morte diede loro un mandato finale: di andare in tutto il mondo (Matteo 28:16–20). Come cristiani avventisti diamo valore alla profezia rivelata nei messaggi dei tre angeli, e in modo molto simile ai discepoli e i primi seguaci di Gesù dopo la Pentecoste, sentiamo l’urgenza di proclamare la morte, resurrezione e ritorno imminente di Cristo. Non ci furono interminabili riunioni su chi dovesse andare dove e dire cosa. La chiesa primitiva abbandonò i propri beni terreni in modo da poter diffondere il vangelo e raccontare del ritorno di Gesù. Sapevano che era essenziale che tutti conoscessero l’amore e il sacrificio di Gesù e quanto poteva essere liberatoria la vita con Gesù.

I discepoli passarono anni con Gesù, senza capire il suo vero obiettivo. Ma dopo la sua morte e dopo la sua ascensione, con lo Spirito Santo che riempiva la loro vita, finalmente diventarono pescatori di uomini, facendo discepoli — anche davanti alle avversità interne ed esterne. Quanto sei impegnato nel permettere che lo Spirito Santo si riversi nella tua vita in modo che quando parli di Gesù con la tua famiglia, amici e colleghi tu non sia un giorno in ritardo e a corto di un dollaro?

Come cristiani, dobbiamo seguire Cristo e sfruttare ogni opportunità per guidare chi nella nostra vita è perduto a Colui che dà la Vita. Il suo nome è Gesù e desidera che tu lo riveli a chi si trova all’interno della chiesa e a chi incontri nel tuo lavoro o per la strada. Possiamo solo farlo se, come i primi cristiani, facciamo discepoli nella nostra epoca moderna. Questa settimana, questo giorno stesso, speriamo di trovare modi per fare dell’esperienza della chiesa primitiva una parte del tuo stile di vita postmoderno. Perché la verità è che potrebbe benissimo essere troppo tardi.

Domenica

LOGOS

Sperimentato e collaudato

di Mark Anthony Reid, Berrien Springs, MI, USA

Atti 5

Serve un intero villaggio

C’è un proverbio che dice, «serve un intero villaggio», il che significa che lo sviluppo di un bambino richiede un impegno comunitario. La partecipazione da parte della comunità è essenziale per la crescita. In Atti capitolo due vediamo che serve un intero villaggio per essere un cristiano.

Lo Spirito Santo ha riempito la camera alta, gli ospiti sono in grado di capirsi a vicenda ognuno nella propria lingua e Pietro predica un magnifico sermone. Il sermone di Pietro è così affascinante e convincente che le persone si ravvedono e si fanno battezzare. Luca riporta il senso di timore reverenziale che tutti sentono per ciò che sta avvenendo (Atti 2:43).

I credenti si sono uniti, impegnandosi ne «l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere» (Atti 2:42). È la predicazione del vangelo e la presenza dello Spirito che unisce tutti in comunione fraterna. Questa parola che viene usata per comunione fraterna nelle lingue originali è ricca di significato. La comunione fraterna non è limitata al contatto o alla familiarità; la comunione fraterna suggerisce uguaglianza. Ognuno porta quello che ha e lo condivide con gli altri e tutti hanno accesso alla stessa cosa nello stesso momento e prendono solo quello di cui hanno bisogno. Questa idea di comunione fraterna è radicale perché va contro le tendenze egoiste del cuore peccatore (Geremia 17:9). La comunione fraterna è duro lavoro ed è un’opera che solo lo Spirito può svolgere.

Il villaggio messo alla prova (Atti 5)

Più avanti nel racconto di Luca della chiesa degli inizi, viene condivisa la tragedia di Anania e Saffira in Atti 5. Appena prima di narrare quell’incidente, Luca ci parla di Barnaba che «avendo un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato, deponendolo ai piedi degli apostoli» (Atti 4:37). Le azioni di Barnaba vengono poi contrapposte alle azioni di Anania e Saffira. Anania e Saffira vendettero una loro proprietà (come aveva fatto Barnaba), e misero il ricavato della vendita ai piedi degli apostoli (come aveva fatto Barnaba). Ma Anania viene punito per aver trattenuto una parte del ricavato. Pietro lo rimprovera e dice ad Anania che non ha mentito all’uomo ma ha mentito allo Spirito Santo e sentendo queste parole Anania cade morto. Tre ore dopo, Pietro affronta Saffira, le chiede se la terra fosse stata venduta «per tanto», e lei risponde di sì. Pietro poi la sgrida per aver tentato lo Spirito e la informa che gli stessi uomini che hanno seppellito suo marito sono lì per seppellire anche lei (Atti 5:7–10).

Anche se questo incidente sembra impietoso, sottolinea l’urgenza di integrità all’interno della comunione fraterna dei credenti. La differenza fondamentale tra il racconto di Barnaba e quello di Anania e Saffira è che questi ultimi avevano mentito allo Spirito e si erano rimangiati una promessa. Si può dedurre dal testo che Anania e Saffira avessero accettato di dare l’intero ricavato della vendita della terra alla chiesa; invece avevano dato solo una parte del ricavato facendola passare per il prezzo pieno ricevuto. Avevano mentito allo Spirito Santo, la persona (e sì lo Spirito Santo è una persona) che ha portato unità e uguaglianza alla chiesa appena nata. Pietro dice che la terra era loro, non erano obbligati a promettere l’intero ricavato alla chiesa, ma invece avevano scelto di spacciare una porzione del prezzo per l’intero. L’inganno e la disonestà minacciano le fondamenta della comunione fraterna. Sono stati l’inganno e la disonestà di Satana in cielo che hanno portato un terzo degli angeli a ribellarsi contro Dio. L’integrità è vitale per la salute, la crescita e la sostenibilità della chiesa. Anche se potremmo essere in grado di presentare l’apparenza della nostra integrità non possiamo nasconderci da Colui che legge il nostro cuore (Geremia 17:10).

Il villaggio messo alla prova

La disonestà di Anania e Saffira non solo ha implicazioni interne serie per questo nuovo gruppo di credenti ma ha anche ramificazioni esterne. Luca in quanto autore, come dovrebbe raccontare le mancanze dei credenti di Dio a chi si trova all’esterno? Luca sta scrivendo un libro di storia e ha l’opzione di escludere questa storia dagli archivi. È un episodio doloroso e una narrativa nociva. Potrebbe seminare discordia tra credenti o potrebbe alienare chi non fa parte di questo movimento cristiano.

Con diverse opzioni davanti a sé, Luca ha deciso di restare fedele agli eventi storici. Ci mostra cosa può succedere quando le persone si uniscono seguendo la guida dello Spirito ma ci mostra anche cosa succede quando le persone rinunciano allo Spirito inseguendo i propri interessi. Luca illustra adeguatamente l’autenticità della chiesa. Sì, la chiesa è istituita da Dio ma avrà i suoi problemi perché alla fine dei conti, la chiesa è formata da esseri umani, macchiati dal peccato.

Il villaggio collaudato

La vera comunione fraterna porta uguaglianza. L’uguaglianza può essere supportata solo dall’integrità. Lo stesso Spirito che ci unisce deve afferrare la nostra vita e ritenerci responsabili delle nostre azioni. Dobbiamo sottomettere tutto, inclusa la nostra volontà e la nostra integrità allo Spirito per non essere un impiccio all’opera di Dio. Integrità e autenticità importano sia a chi è dentro sia a chi è fuori dalla chiesa. Alcuni potrebbero credere che la chiesa non sia abbastanza trasparente. Mentre la chiesa non è obbligata a riportare ogni singolo passo falso, la chiesa ha una straordinaria opportunità di testimoniare al mondo come Dio può ancora servirsi e redimere persone e istituzioni che sbagliano. Illustrare autenticamente le azioni e la storia della chiesa parla più positivamente di un Dio che può servirsi dei nostri pasticci che quando cerchiamo di redimere la nostra storia.

Rispondi

  1. Che aspetto potrebbe avere l’autentica comunione fraterna nel 21o secolo?
  2. Perché l’integrità è così importante per la comunione fraterna dei credenti?
  3. Quali sono alcuni modi in cui la chiesa potrebbe rappresentarsi autenticamente al mondo?

Lunedì

TESTIMONIANZA

Lascia che la tua luce brilli

di Yolanda Pugh, Tallahassee, FL, USA

Matteo 5:16

«Cristo ha adottato tutti i provvedimenti affinché la sua chiesa fosse trasformata nel corpo, illuminata dalla sua luce, riempita della gloria di Dio, l’Emmanuele. Il suo obiettivo è che ogni cristiano sia circondato da un’atmosfera spirituale di luce e di pace».[1] «Non vi sono limiti all’utilità di colui che, avendo messo da parte il proprio io, lascia che lo Spirito Santo agisca nel suo cuore e consacra a Dio tutta la sua vita».[2]

«Quando gli apostoli annunciarono la gloria dell’Unigenito del Padre, tremila anime si convertirono. Riconobbero lo stato di peccato e di corruzione in cui si trovavano e videro Cristo come loro amico e Redentore. Grazie alla potenza dello Spirito Santo che dimorava sugli uomini, Cristo fu innalzato e glorificato. Per fede, questi credenti lo videro come colui che aveva subito umiliazioni, sofferenza e morte affinché loro non perissero ma ricevessero la vita eterna. La rivelazione di Cristo da parte dello Spirito permise loro di cogliere appieno la sua potenza e la sua maestà, cosicché essi, tendendo le mani a Gesù in fede, poterono esclamare a gran voce: “Noi crediamo”!»[3]

«È sempre così quando lo Spirito di Dio prende possesso della vita di un uomo. Coloro che hanno i cuori ripieni dell’amore di Cristo seguiranno l’esempio di Colui che per amor nostro è diventato povero. Mediante la sua povertà noi siamo potuti diventare ricchi. Denaro, tempo, posizione, tutti i doni che abbiamo ricevuto dalle mani di Dio, li dovremmo usare per estendere l’opera evangelistica a nuovi territori. Così era nella chiesa apostolica. Oggi, la chiesa dovrebbe ricevere la potenza dello Spirito: questo fatto dovrebbe spingere i suoi membri a distogliere il loro interesse dalle cose mondane e a fare volontariamente dei sacrifici che servano all’estensione dell’opera evangelistica. In tal modo le verità proclamate avrebbero un più forte influsso su coloro che ci ascoltano».[4]

«Chi è ripieno dello Spirito, traboccherà di amore divino. E questa abbondanza non potrà che riversarsi sugli altri».[5]

«Cristo non chiede ai suoi seguaci di sforzarsi di brillare. Piuttosto dice “lasciate che la vostra luce brilli da sola”. Se abbiamo accettato la grazia di Dio, la luce sarà in noi. Rimuovendo gli ostacoli, la gloria del Signore si manifesterà in modo naturale! La luce splenderà e dissolverà le tenebre. Noi non possiamo risplendere se non nel campo della nostra influenza».[6]

Rispondi

  1. Come riceviamo la grazia di Dio così che la sua luce possa essere in noi?
  2. Che tipo di cose possiamo fare sul campus o sul posto di lavoro per lasciare che la nostra luce brilli davanti agli altri?

[1] Ellen G. White, Le parabole, p. 312

[2] Ellen G. White, La Speranza dell’uomo, p. 178

[3] Ellen G. White, Le parabole, pp. 82-83

[4] Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, p. 45

[5] Ellen G. White, Le parabole, p. 312

[6] Ellen G. White, Le parabole, p. 313.

Martedì

EVIDENZA

Venire incontro ai bisogni della famiglia

di Monique Marisa Norris, Kissimmee, Florida

Atti 2:42–47; 4:1–18; 5:1–11, 29–33, 41, 42

Spesso la chiesa dà enfasi al «cercare chi è smarrito»; pubblicizziamo gli incontri di risveglio, teniamo studi biblici e distribuiamo libri e opuscoli nella speranza di completare «il grande mandato». Con tanto zelo nel portare le persone nel corpo di Cristo, a volte non siamo altrettanto impegnati nel loro viaggio spirituale. Consideriamo le persone semplicemente come numeri e una volta battezzati ignoriamo i loro problemi e ci spostiamo sul prossimo potenziale convertito? Come famiglia in Cristo dovremmo preoccuparci delle difficoltà e delle angosce dei nostri fratelli e sorelle.

Il tema della giustizia sociale spesso può provocare esitazione; con il grande disaccordo che spicca sui fronti sociali, è facile mettere in dubbio la necessità della nostra partecipazione. Quando mettiamo piede fuori, però, affrontiamo costantemente opposizione di tutti i tipi; e, per alcuni è un conflitto che esiste all’interno della propria famiglia. Molti cristiani discutono se dovremmo vivere al di fuori dell’arena della giustizia sociale ma è comprovato che ci siamo già dentro.

La teoria dell’intersezionalità rivela che un individuo può avere numerose identità sociali che si sovrappongono.[1] In altre parole, non solo sei cristiano, sei anche caratterizzato da etnia, sesso, classe sociale e abilità. Anche se questi costrutti sociali sono organizzati dall’uomo per creare ordini di potere, ci troviamo in mezzo alle complessità e toccati da esse.

Pietro e Giovanni avevano ricevuto il mandato di condividere l’amore di Gesù a un mondo frantumato; attraverso la comunione fraterna, creavano relazioni durature genuine ed erano anche disposti ad affrontare l’arresto e la morte pur di fornire ai nuovi credenti guarigione, ravvedimento e salvezza (Atti 4:1–18, 5:33, 41, 42). I credenti contraccambiavano l’amore di Dio in azione, «vendevano le proprietà» e «distribuivano a tutti» così che anche i discepoli potessero muoversi liberamente in Cristo (Atti 2:45).

Anania e Saffira presentarono un grave contrasto: mentirono sull’aver dato ai discepoli tutto il ricavato della vendita della loro terra, quando invece ne avevano tenuto una parte per sé (Atti 5:1–11). In questo testo, «tenere» in greco vuol dire «abbandonare»,[2] ed è esattamente quello che fecero. Abbandonarono la chiamata a mettere gli altri davanti ai propri desideri personali, abbandonarono il timore di Dio con la loro disonestà a lui e la loro slealtà alla loro famiglia in Cristo, e abbandonarono il loro riflesso del Salvatore.

In cielo Cristo vide il nostro bisogno, lasciò ciò che gli era familiare, comunicò con noi, lottò per la nostra ingiustizia contro Satana il nostro oppressore, morì volontariamente così che noi potessimo vivere giustificati in lui e continua a essere il nostro grande Avvocato. Possa l’esempio di Cristo insegnarci a non limitarci a vincere persone per lui, ma anche a guidarle alla restaurazione attraverso il nostro amore, comunione fraterna e sacrificio.

Rispondi

  1. Cosa sei disposto a rischiare o a sacrificare per aiutare la tua comunità?
  2. Come possono le tue esperienze creare delle piattaforme su cui costruire relazioni e condividere l’amore di Cristo?
  3. Come puoi partecipare attivamente nella comunione fraterna e il viaggio spirituale degli altri?

[1] Dictionary.com Unabridged. Random House, Inc. <Dictionary.com http://www.dictionary.com/browse/intersectionality>.

[2] Strong’s Greek: 3557, νοσφίζομαι (nosphizó), su http://biblehub.com/greek/3557.htm.

Mercoledì

COME FARE

Parla meno, cammina di più

di Daniel Madden, Hamilton, Ontario, Canada

Atti 2:42

Francesco d’Assisi coniò la nota citazione, «Predica il vangelo in ogni momento. Se necessario, usa le parole». Questo ci dà l’impressione che il vangelo non dovrebbe essere principalmente gridato dalla cima del campanile ma prevalente attivamente nelle strade. Tuttavia, alcuni hanno barattato le proprie scarpe comode per dei cuscini da panca. Il grande mandato in Matteo 28:19-20 ci dice, «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate». Gesù ci ha detto «andate», non «sedete». Se i morti potessero parlare sono sicuro che Francesco sussurrerebbe, «Parla meno, cammina di più».

Facciamo bei discorsi, ma siamo in grado di passare ai fatti? Meglio ancora, come realizziamo il grande mandato nella nostra vita? Credo che la risposta sia qui in Atti 2:42, «Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere». Molti cristiani «devoti» preciserebbero che il brano dice «insegnamento». Sì, bisogna insegnare agli altri ciò che non conoscono ma il brano non dice solo questo. Usa anche il termine, «comunione fraterna». La comunione fraterna non è solo quello che facciamo nella sala comune quando mangiamo in chiesa ma la comunione fraterna secondo gli Atti è benedire gli altri con quello che hai. Non è benedire gli altri con quello che ti avanza ma benedirli anche se è l’ultima cosa che hai. La domanda è, «Come facciamo a essere in comunione fraterna gli uni con gli altri?»

Per prima cosa, devi essere consapevole dei bisogni di chi ti circonda (Atti 2:45). Attivati nella tua comunità cercando sempre modi per aiutare. C’è sempre qualcuno vicino a te che cerca di migliorare il posto in cui vive. Pulire il parco, fare una colletta alimentare, ridipingere le pareti di un negozio, dare da mangiare ai senzatetto, una campagna a favore della scuola — le possibilità sono infinite se solo aprissimo gli occhi ai bisogni attorno a noi.

In secondo luogo, la comunione fraterna è anche divertente. Quindi se hai amici che non conoscono tante cose di Dio, vai a passare del tempo con loro prima di portarli in chiesa per la giornata della gioventù. I credenti degli Atti «rompevano il pane insieme» e quella era la loro comunione fraterna. Ora la comunione fraterna sarebbe pattinare, tirare con l’arco, giocare a bubble football eccetera.

In terzo e ultimo luogo abbiamo il permesso di insegnare. Sia che insegniamo personalmente, che li portiamo a studi biblici, incontri dei giovani, a gruppi dei ragazzi o la giornata dei giovani. Qualunque sia il metodo di insegnamento, sarà ricevuto meglio perché «alle persone non importa quanto sai finché non sanno quanto ti sta a cuore».

Rispondi

  1. Cosa puoi fare nella tua comunità?
  2. A quale attività ricreativa puoi invitare un amico?

Giovedì

OPINIONE

Carenza di comunità

di Ailiana K. Denis, Chicago, Illinois, USA

Atti 2:46, 47

Molti dei conflitti e delle ansie che affrontiamo nel mondo e nella chiesa di oggi sono radicate nella paura della scarsità. La paura di non essere abbastanza intelligenti, abbastanza fighi, abbastanza ricchi, abbastanza giusti, abbastanza attraenti o abbastanza istruiti ci infetta tutti a un certo punto. Troppo spesso, la paura della scarsità non solo mina il nostro benessere individuale, ma fa crollare le nostre comunità. Siamo stati tentati tutti a mettere in dubbio il nostro valore e merito e quello degli altri, ed evitare la pratica dell’empatia. Come risultato, i nostri desideri universali di appartenere, essere stimati, e avere quello che ci serve per sopravvivere non vengono soddisfatti.

Nella storia della chiesa apostolica degli Atti, iniziamo a vedere il vangelo di Cristo che trasforma radicalmente la società greco-romana antica. Vediamo l’effusione dello Spirito Santo che smantella la divisione sociale a livello religioso, etnico, culturale, linguistico, di genere e di classe. Atti 2:44–47 dice che, «Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati».

Quasi istantaneamente, predicare Gesù porta a una comunità più piena, aperta a tutti dove avevano tutte le cose in comune. Questo mostra che una giusta comprensione di chi è Gesù dovrebbe guarire la nostra carenza di comunità. Il vangelo di Cristo è che siamo tutti figli di Dio chiamati e degni di una relazione reciproca sacrificale con lui e gli uni con gli altri. Non dovremmo vederci come inferiori o superiori agli altri basandoci sui nostri risultati, la nostra cultura, religione o etnia. Quando predicato in verità, il vangelo butta giù le barriere sociali e un falso senso di mancanza. Ma questa storia suggerisce che la nostra carenza sociale e materiale di comunità cristiana potrebbe essere collegata a una carenza di chiarezza sulla vita e il messaggio di Gesù Cristo.

Rispondi

  1. Quali pensieri, convinzioni e comportamenti perpetuano la carenza di comunità nella chiesa?
  2. Cosa ti impedisce di provare empatia per te stesso e per gli altri?
  3. Quali esempi abbiamo nella vita e negli insegnamenti di Cristo che possiamo guardare per sviluppare comunità più sane nella chiesa oggi?

Venerdì

ESPLORAZIONE

Sarò io

di Sabrina Washington, Austin, Texas, USA

Atti 2:44, 45; 4:34, 35; 3:12–26; 4:1–18

CONCLUSIONE

La comunione fraterna e fare discepoli sembra essere la grande forza motrice della vita della chiesa apostolica. Dare tutto il possibile per la causa di Cristo. Più di 2.000 anni dopo, l’obiettivo è ancora lo stesso, di far sì che il mondo veda Gesù. Lasciare che un mondo morente e spacciato sappia che il Salvatore è vivo e desidera avere una relazione con loro e che un giorno tornerà per chiamarli suoi. Come avventisti crediamo di avere il compito di portare un messaggio speciale a questa generazione. Come possiamo raggiungerli per Cristo in un mondo inondato con così tante cose che attirano le persone lontano da Gesù?

PROVA A

  • La musica è qualcosa che trascende le barriere di comunicazione comuni; ascolta «I will be the one» e «Each one Reach one» di Babbie Mason. Mentre ascolti la musica, leggi le parole e medita su come puoi vivere le parole di queste canzoni nella tua comunità.
  • Fare una lista di persone nella tua vita con cui vuoi condividere Gesù e pregare per la giusta opportunità per condividere Gesù.
  • Cercare su internet dei ministeri e organizzazioni vicino a te e trovare modi in cui tu o un gruppo di persone della tua chiesa potete essere coinvolti.

CONSULTA

Matteo 28:16–20.

Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, pp. 18–22,37,41,42.

Materiale supplementare sulla Scuola del Sabato su http://uicca.it/scuola-del-sabato/.

Leggi Studies from the Book of Acts: 6. Characteristics of a Healthy Church https://bible.org/seriespage/6-characteristics-healthy-church-acts-241-47

LEZIONI PER GIOVANI (18-35 ANNI)

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LEZIONI E MANUALI PER ANIMATORI IN ALTRE LINGUE

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