SdS CQ (College Quarterly) Terzo Trimestre 2019 – 05

Lezione 5

27 luglio – 2 agosto

Il grido dei profeti

«O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?».

Michea 6:8

Sabato

INTRODUZIONE

Zelo malriposto

di Seth D. Roberts, Walla Walla, Washington, USA

Isaia 58:2–7

È piuttosto facile affermare che il nostro benessere spirituale deriva dalla nostra relazione con Dio. Dopo tutto, se Dio è la fonte della nostra salvezza, la nostra prima preoccupazione non dovrebbe forse essere di cercare Dio, con il cuore e con le azioni?

Se stai seguendo questa linea di pensiero, potresti capire quanto possano essere rimasti confusi gli Israeliti dalla condanna di Isaia dei loro sforzi di avvicinarsi a Dio. In breve tempo, condannò la loro ricerca di Dio (Isaia 58:2), la loro gioia nel conoscere le sue vie (v. 2), i loro digiuni (v. 3) e il loro umiliarsi (v. 3). Non stavano forse facendo tutto il possibile per avvicinarsi a Dio? Com’è possibile che questo fosse ripugnante per lui?

A quanto pare, la risposta è che mentre si affrettavano ad avvicinarsi a Dio, avevano trascurato i bisogni dei poveri e degli indifesi (vv. 6, 7). Anche se è possibile che avessero considerato ciò irrilevante per la loro condizione spirituale, Dio vedeva le cose in modo molto diverso.

Per esempio, in Amos 5:12 e in Isaia 59:12, Dio dichiara che l’ingiustizia verso gli altri equivale a «trasgressioni» e «peccati» ai suoi occhi. Inoltre, in Ezechiele 16, elenca la riluttanza a sostenere «la mano dell’afflitto e del povero» (v. 49) come uno dei grandi peccati di Sodoma (cfr. Genesi 19).

Ma perché una tale enfasi sulla nostra relazione con gli altri? Queste alla fine non sono secondarie alla nostra relazione spirituale con Dio? Se il nostro «compito» spirituale primario è di amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze (Deuteronomio 6:5), perché dovremmo preoccuparci dei bisogni secolari degli altri?

E qui c’è la grande precisazione: il carattere di Dio, la fonte di tutti i suoi pensieri e le sue azioni, è incentrato su un amore altruista per gli altri (cfr. 1 Giovanni 4:8, 10); un amore che tutti quelli che cercano di seguirlo sono chiamati a emulare (cfr. Filippesi 2:5–8) amando il loro prossimo — che siano bianchi, neri, gay, etero, senzatetto, immigranti, disabili o tossicodipendenti — come se stessi (Levitico 19:18).

Quindi, non potrebbe esserci illustrazione più chiara dell’ipocrisia spirituale che un cristiano che afferma di seguire Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e tutte le sue forze ma che simultaneamente trascura di amare il suo prossimo come se stesso, voltando invece le spalle ai bisogni di chi lo circonda.

Quindi, riconosciamo che le rimostranze di Dio verso Israele non erano per il loro zelo religioso ma per la loro ipocrisia. Vedeva un popolo che affermava di amare Dio con tutto il loro cuore mentre le loro azioni mostravano che l’amore di Dio era del tutto assente dal loro cuore. Mentre studi la lezione questa settimana, ti invito a esplorare le profondità del tuo cuore per cercare l’ipocrisia e consegnarla a Colui che può purificare qualsiasi contaminazione.

Domenica

LOGOS

Fate giustizia

di Anthony Bosman, Berrien Springs, Michigan, USA

1 Samuele 8:5, 10–18; Isaia 1:15–23; 3:13–15; 5:7; 9:6, 7; 11:1–5; 42:1–7; 53:4–6; 59:14, 20; Ezechiele 16:49; 34:2–4, 7–16; 47:13–48:29; Amos 1:3–2:5; 3:9–11; 4:1, 2; 5:10–15, 24; 7:14, 15; 8:4–6; 9:11–15; Michea 2:8–11; 3:8–12; 6:8; 7:18–20

Amos 1:3–2:5; 3:9–11; 7:14, 15; 9:11–15

Il messaggio di giustizia pervade gli scritti dei profeti ebraici. Anche se Amos era semplicemente un mandriano, non formato come profeta né figlio di profeta (Amos 7:14), fu spinto a comunicare la Parola del Signore. «Il leone ruggisce, chi non temerà? Il Signore, Dio, parla, chi non profetizzerà?» (Amos 3:8). Il messaggio che dà è un messaggio di giudizio contro le nazioni: dando a ogni nazione un resoconto dei loro peccati e del giudizio che affronteranno per questi. La formula ripetuta «Per tre misfatti…, anzi per quattro» (Amos 1:3–2:5) indica che i peccati delle nazioni avevano raggiunto la quantità completa e stavano traboccando. Qui vediamo Dio come giudice di tutte le nazioni che esegue giustamente un giudizio equo. I peccati elencati includono la schiavitù, lo sfruttamento dei poveri, l’oppressione dei vulnerabili e altri peccati contro l’umanità.

Dio giudica perché ama, non può restare in silenzio davanti all’ingiustizia, e neanche il suo popolo può farlo. Qui però, troviamo Giuda e Israele incluse nella lista delle nazioni che affronteranno il giudizio di Dio. La legge di Dio affidata loro avrebbe dovuto renderli una luce per le altre nazioni; invece, troviamo che Israele ha la lista di peccati più lunga di ogni altra nazione. Quando voltarono le spalle alla legge di Dio, non solo peccarono contro Dio ma violarono anche le persone più vulnerabili che vivevano in mezzo a loro.

Non ci sono parole di speranza nel messaggio di giudizio di Amos. A Israele viene detto che andranno in esilio (Amos 7:11). Invece di rispondere con pentimento, oppongono resistenza con superbia al messaggio del Signore portato da Amos, garantendo ulteriormente la loro fine (Amos 9:10). Ma il Dio che giudica resta fedele al suo patto, anche quando Israele l’ha infranto. Amos finisce anticipando un giorno in cui Dio porterà il suo popolo fuori dall’esilio (vv.14, 15). I loro peccati incontreranno il giudizio, ma alla fine il giudizio servirà per riportare il popolo di Dio a lui.

Michea 3:8–12; 6:6–8

Michea, come Amos, ha una parola di giudizio per tutto il mondo (Michea 1:2) che si concentra, in particolare, sul popolo d’Israele (v. 5). Dio dice al suo popolo, «vi comportate da nemico» per il modo in cui maltrattano stranieri, donne e bambini (Michea 2:8, 9, TILC). Tutti i capi sono corrotti. Perfino i sacerdoti e i profeti, che dovrebbero servire per indicare al popolo come tornare a Dio, hanno compromesso il loro messaggio per amore della prosperità materiale (Michea 3:9–12). Trovano falso conforto nella presenza di Dio nel tempio, dicendo, «Il Signore non è forse in mezzo a noi? Non ci verrà addosso nessun male!» (v. 11).

Michea rivela i loro peccati, portandoli a chiedere come possono tornare a essere giusti davanti a Dio: «Verrò in sua presenza con olocausti, con vitelli di un anno? … Dovrò offrire il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?» (Michea 6:6, 7). La loro risposta indica che sono diventati prigionieri del modo di pensare delle nazioni circostanti, convinti che gli dei dovessero essere placati moltiplicando i sacrifici. Ma il Signore richiede qualcos’altro: «che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio» (v. 8). Dio desidera un riorientamento completo dell’individuo.

Il peccato corrompe il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, con noi stessi e con Dio, la superbia prende il posto dell’amore. Michea ci ricorda che Dio vuole ripristinare le relazioni con gli altri (praticare la giustizia), con noi stessi (amare la misericordia) e con lui (camminare umilmente). Alla fin fine, Dio ci sta chiamando a vivere come portatori dell’immagine divina, come Dio stesso pratica la giustizia, ama la misericordia e desidera camminare umilmente con il suo popolo; al punto che l’Eterno accettò di nascere a Betlemme (Michea 5:2). È attraverso il suo sacrificio supremo che possiamo davvero intraprendere una relazione giusta con Dio e con l’umanità.

Ezechiele 34:2–4 e Isaia 1:15–23

Il tema della giustizia che abbiamo trovato nei messaggi di Amos e Michea pervade anche i messaggi degli altri profeti ebraici. Ezechiele rimprovera Sodoma per non aver aiutato i poveri e i bisognosi mentre loro si godevano la prosperità (Ezechiele 16:49). Anche Israele viene condannato: «Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza» (Ezechiele 34:4).

Isaia si unisce all’appello per il popolo di Dio, «imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Isaia 1:17). Questi profeti riconoscono che il problema dell’ingiustizia (Isaia 59:14) è troppo severo per essere risolto semplicemente attraverso l’educazione o la riforma sociale, anche se queste svolgono ruoli importanti. Piuttosto, Isaia riconosce che la soluzione per la tendenza umana all’oppressione e all’abuso è colui che verrà e vivrà l’oppressione e l’abuso fino a essere «trafitto a causa delle nostre trasgressioni» (Isaia 53:4–6) per portare la pace, sia con Dio sia gli uni con gli altri.

Rispondi

  1. Identifica i peccati delle nazioni elencati in Amos 1–2. Quali peccati potrebbero essere identificati se Dio annunciasse il giudizio sul suo popolo oggi?
  2. Cosa significa «che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio» (Michea 6:8)? Scrivi una breve descrizione per ognuna di queste cose.
  3. Dove altro trovi l’appello a praticare la giustizia negli scritti degli altri profeti ebraici?

Lunedì

TESTIMONIANZA

La missione di Dio: il cielo nei nostri cuori

di Eric Louw, Berrien Springs, Michigan, USA

Giovanni 15:12

Riferendosi a Isaia 58:6, 7 e alla nostra parte nell’aiutare chi ne ha bisogno, Ellen White scrive, «Qui è indicato il vero spirito e il vero carattere dell’opera del Cristo. Tutta la sua vita è stata un sacrificio per la salvezza del mondo. Quando digiunava nel deserto della tentazione e quando mangiava con i pubblicani al banchetto di Matteo, offriva la sua vita per la salvezza dei peccatori. Il vero spirito della pietà si manifesta non in un pianto sterile, non nell’umiliazione fisica, non nel susseguirsi dei sacrifici, ma nella consacrazione a un servizio efficace per il Signore e per gli uomini».[1]

«Nel grande piano di Dio per la redenzione di una razza caduta, Egli mise Sé stesso nella necessità di usare l’uomo quale Suo collaboratore al fine di raggiungere tutta l’umanità. Lui vuole la cooperazione di chi desidera essere attivo, predisposto alle opportunità, predisposto a discernere ciò che deve essere fatto per il suo prossimo».[2]

«Quando il caso di ognuno sarà esaminato davanti a Dio, non verrà posta la domanda: “In che cosa hai creduto?” ma “Che cosa hai fatto?”, “Hai messo in pratica la Parola di Dio?”, “Hai vissuto per te stesso o ti sei interessato agli altri compiendo atti di generosità, bontà, amore, privilegiando il prossimo e sacrificandoti per il bene degli altri?”. Se il libro del cielo mostra che questo è stato il suo stile di vita, che il suo carattere ha manifestato dolcezza, spirito di sacrificio e bontà, riceverà la benedizione di Cristo».[3]

«Così Gesù, sul monte degli Ulivi, descrisse ai suoi discepoli la scena del giorno del giudizio, mettendo in risalto il criterio in base al quale gli uomini saranno giudicati. Quando tutti saranno riuniti davanti a lui, divisi in due classi, il loro destino sarà stabilito sulla base di quello che avranno fatto o trascurato di fare per lui nella persona del povero e del sofferente».[4]

«Quando ci conformiamo alla sua ultima raccomandazione “che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Giovanni 15:12), quando amiamo il mondo come egli lo ha amato, allora la sua missione, nei nostri confronti, è adempiuta. Noi siamo pronti per il cielo, perché abbiamo il cielo nel nostro cuore».[5]

Rispondi

  1. Come possiamo passare dal servire gli altri perché crediamo che sia ciò che dobbiamo fare a farlo perché vogliamo essere una benedizione per chi è in difficoltà?
  2. Quale passo puoi fare questa settimana per iniziare o continuare ad accrescere la tua esperienza nel benedire gli altri attraverso il servizio? Quale sarebbe il passo successivo dopo quello?

[1]. Ellen G. White, La speranza dell’uomo, p.200.

[2]. Ellen G. White, Messaggi scelti, vol.1, p.76.

[3]. Ellen G. White, Consigli sull’economato cristiano, p.91-92.

[4]. Ellen G. White, La speranza dell’uomo, p.488.

[5]. Ibid., p.491-492.

Martedì

EVIDENZA

Un Dio vendicativo

di Samuel Smith, Berrien Springs, Michigan, USA

Salmo 94

Alla maggior parte delle persone non piace l’idea di un Dio vendicativo. La paura di un dio sconsideratamente arrabbiato è roba che faceva tremare i marinai dell’antichità per la possibilità di essere distrutti dalle onde dell’oceano. Alcuni, ancora oggi, hanno immagini di un vecchio potente con fulmini pronti da lanciare se quelli a cui è interessato decidono di andare contro i suoi decreti. Molti preferiscono l’immagine più benevola di Dio descritta in Salmi 103:8: «Il Signore è pietoso e clemente, lento all’ira e ricco di bontà». Questo certamente descrive Dio, e il suo amore è sicuramente per tutti. Questo è specialmente vero per quelli che sono stati scacciati e strappati dalla loro casa, che hanno ricevuto ingiustizie e che non hanno altro supporto.

Dall’altra parte, Salmi 94:1 annuncia, «Dio delle vendette, o Signore, Dio delle vendette, mòstrati nel tuo fulgore!» In questo capitolo forte, il salmista ripete le preoccupazioni che molti di noi potrebbero avere quando sentiamo le notizie delle numerose atrocità fatte a quelli che Dio ha a cuore. «Dov’è?» «Quando si farà vedere?» «Perché resta in silenzio?» Potremmo essere tentati a gridare frustrati con gli schernitori, «Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non se ne preoccupa» (Salmi 94:7). Ma Dio vede.

Questo mondo è pieno di persone ferite che stanno ferendo gli altri. La grazia di Dio è per tutti. Dio ha dato la sua chiesa per portare giustizia a quelli che sono oppressi. «Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda, tanto più che vedete avvicinarsi il giorno» (Ebrei 10:24, 25).

Le persone che vivono con un dolore incredibile e bisogno spesso sono più vicine di quanto pensi. Recentemente ho avuto l’opportunità di guidare un gruppo di studenti nel contattare rifugiati siriani nella California centrale. Gli studenti che frequentavano la scuola avventista vicina erano scioccati da quanto i rifugiati vivessero vicino alla loro scuola e casa! Il popolo di Dio deve cercare le persone sofferenti, non aspettare che queste trovino loro (Luca 15:3–7). Molti di noi non sono opposti a quest’idea, ma ci manca la conoscenza di come trovarle o riconoscerle. Come chiesa, abbiamo una chiamata speciale, un messaggio e un’identità che non dovrebbero essere compromessi. Tuttavia, questo non significa che non possiamo diventare amici di persone di altre fedi. Cerca degli imam, dei sacerdoti buddisti e dei pastori e chiedi se hanno membri che hanno bisogno di amore tangibile attraverso le azioni. Poi condividi il nostro messaggio avventista d’amore con l’intera comunità attraverso il tuo servizio.

Rispondi

  1. Salmi 94:12 fornisce la soluzione di Dio per il suo popolo per quanto riguarda affrontare l’ingiustizia. La legge di Dio cosa ha a che fare con la giustizia per gli orfani e le vedove?
  2. In che modo la chiesa potrebbe cercare la giustizia per gli oppressi pur continuando a sostenere la separazione di chiesa e stato?

Mercoledì

COME FARE

L’approccio del gran medico

di Kurt Osena, Berrien Springs, Michigan, USA

Deuteronomio 15:11

Abbiamo imparato che Dio ci ha dato la responsabilità di aiutare gli altri. In realtà, andando direttamente al punto, trascurare quelli che abbiamo il privilegio di raggiungere è considerato un peccato agli occhi di Dio. Potresti ricordare la parabola del ricco e Lazzaro (Luca 16:19–31). Il popolo di Dio, rappresentato dal ricco, ignorava il loro ruolo come pastori per i bisognosi rappresentati dal personaggio di Lazzaro. Nella parabola, come risultato della sua negligenza e dopo la morte di entrambi i personaggi, il ricco si trovò perso, mentre Lazzaro fu salvato.

Per alcuni di noi, aiutare gli altri che hanno bisogno potrebbe non essere un compito semplice. Quando pensiamo al ministero di Gesù, aiutare gli altri sembrava venirgli naturale. Serviva altruisticamente chiunque avrebbe tratto beneficio dalle sue parole o dal suo tocco di vita. Lo chiamiamo il grande medico, un titolo che vale la pena tenere in mente quando escogitiamo modi pratici per raggiungere i bisognosi. Come il più grande medico di sempre, Gesù Cristo faceva quello che segue:

Serviva per amore. Alla luce della parabola, è facile per noi ubbidire a Dio per paura di perderci la salvezza o di contrariarlo. Ma questa certamente non è l’intenzione di Dio nel condividere la parabola o nel ricordarci di aiutare gli altri. Infatti, Paolo ci dice in 1 Corinzi 13:1–3 che l’amore dovrebbe motivare tutto ciò che facciamo. Quindi, dobbiamo prima chiedere a Dio un cuore che ami gli altri come lui perché egli è la fonte dell’amore (Romani 5:5). Avere amore per le persone non solo rende il nostro servizio accettabile ma lo rende anche molto più facile.

Diagnosticava il problema. Ogni dottore saggio e professionale valuta il problema del paziente attentamente prima di dare la diagnosi appropriata. Chi vorrebbe essere curato da un dottore che fa una diagnosi tirando a indovinare? Nessuno. Quindi, è importante fare uso delle nostre orecchie e ascoltare gli altri quando parlano in modo che possiamo essere consapevoli dei loro bisogni (Proverbi 18:13).

Pregava per avere saggezza e potenza. Gesù esemplificava l’importanza della preghiera prima del servizio (Marco 1:32–35). Ogni giorno, prima di andare dalle folle di persone bisognose, pregava per avere la saggezza e la potenza divina. Siamo incoraggiati dalle parole e dall’esempio degli apostoli a pregare per entrambe quelle virtù (Atti 1:8; 2:1–4; Giacomo 1:5).

Ubbidiva. Dopo aver pregato, sarebbe bene ascoltare le istruzioni di Dio per il servizio e ubbidire. Quando ci atteniamo alla voce della verità, lo Spirito Santo può agire attraverso di noi con potenza per i buoni e i bisognosi (Atti 5:32).

Rispondi

  1. Chi è il Lazzaro nella tua vita?
  2. Cosa aggiungeresti o cambieresti nei quattro passi pratici elencati sopra?
  3. Se aiuti già i bisognosi, quali motivazioni hai per farlo?

Giovedì

OPINIONE

È ora di agire!

di Justin Dane Spady, Portage, Wisconsin, USA

Isaia 42:1–7; 53:4–6; Filippesi. 2:13

Da cosa ci metterebbe in guardia un profeta di Dio oggi? Cosa può prendere il posto della nostra alleanza con Dio nel 2019? In che modo i poveri e gli indifesi sono oppressi in questi tempi «illuminati» e «scientifici»? Chiedi agli indigenti: sanno che l’oppressione avviene ancora oggi. Anche se siamo educati attraverso una formazione secolare a vivere vite morali e lavorare per il bene comune, l’avidità e la corruzione infettano ancora ogni livello degli affari, della politica e perfino della religione.

Sapere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non è abbastanza. Il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non è sufficiente per una vita abbondante. Come nativi digitali, siamo abituati a essere bombardati dalle informazioni; ci vengono dati solo un paio di secondi per riflettere su un qualche pensiero prima che il nuovo tema emozionante lampeggi sul nostro schermo. Quel sovraccarico di reazioni emotive senza azione ci porta all’apatia. Forse se un profeta parlasse oggi, nessuno risponderebbe in mezzo al clamore di miliardi di altre voci.

I testi biblici della lezione di questa settimana chiamano all’azione. Michea 6:8 ci chiama a praticare la giustizia, amare la misericordia e camminare umilmente con il nostro Dio. Compiere quella chiamata richiede più di incontri sociali e raduni buonisti; dobbiamo essere catalizzatori per un cambiamento nel lavoro e nelle nostre case. La nostra chiesa ha una lunga storia di attivismo sociale, nato dalla nostra convinzione che tutta la vita è stata creata e riscattata da Dio, dalla nostra enfasi sulla salute olistica e non solo religiosa, e dalla nostra urgenza perché viviamo alla fine della storia di questo mondo. Come possiamo portare avanti quell’eredità?

Come con ogni dilemma, la soluzione che ci dà la Bibbia per vincere l’inattività e l’ingiustizia è Gesù. Nel corso del suo libro, Isaia dà merito al Messia per aver soccorso gli oppressi. Gesù frantuma la schiavitù del peccato alla croce, espia tutta l’ingiustizia con il giudizio e può servirsi di te oggi per portare sollievo agli oppressi. Egli ti può tirare fuori dal letto e fuori dalla tua stanza o appartamento per fare quelle amicizie. Chiediglielo semplicemente, e lui lo farà succedere. Non mettere Gesù su una lista di cose da fare. Agisci ora.

Rispondi

  1. Quali cambiamenti piccoli ma significativi dovrebbero essere fatti immediatamente nella tua vita di preghiera e nelle tue attività sociali per riflettere meglio la compassione di Gesù?
  2. Quale impegno sociale potresti iniziare nel tuo gruppo della scuola del sabato?

Venerdì

ESPLORAZIONE

ESPLORAZIONE

Impegnati o indifferenti?

di Esther Louw, Berrien Springs, Michigan, USA

Isaia 42:1–7

CONCLUSIONE

La vera religione è seguire il cuore di Dio. Come profeta, il messaggio di Isaia consisteva nel chiamare il popolo di Dio a vivere una vita che rifletteva il carattere del Dio a cui dicevano di ubbidire. Anche Amos, Ezechiele, Michea e altri profeti condividevano una prospettiva simile sulla natura compassionevole di Dio, segnalando la nostra responsabilità di rispondere ai bisogni di chi ci circonda. La narrativa biblica nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento riporta la nostra attenzione, più e più volte, alla necessità di prenderci cura dei più vulnerabili nella società e definisce la passività o l’indifferenza alla loro sofferenza come un peccato contro Dio. Come esprime chiaramente il brano di Isaia 42, alleviare le sofferenze è l’opera di Cristo e l’opera che aveva l’impegno di compiere mentre era sulla terra. La domanda allora rimane: cosa siamo disposti a fare in risposta al suo esempio?

PROVA A

  • Ascoltare la canzone «Beauty for Brokenness (God of the Poor)», di Graham Kendrick, in cui l’autore prega che la compassione e la giustizia di Dio diventino una realtà personale nella sua vita.
  • Fare volontariato per un evento sociale comunitario come una distribuzione alimentare o una mensa sociale.
  • Aiutare un bambino vulnerabile attraverso un’organizzazione come Child Impact (https://childimpact.org) o International Children’s Care (http://www.forhiskids.org).
  • Guardare il corto «Depraved Indifference» di Eric Ludy su YouTube.
  • Prendere parte a una two-dollar challenge (http://twodollarchallenge.org) per scoprire com’è vivere con due dollari o meno al giorno e raccogliere donazioni per un’organizzazione a tua scelta allo stesso tempo.
  • Scrivere dei tuoi bisogni e delle tue difficoltà. In che modo la chiesa ti ha dimostrato Cristo? In che modo non l’ha fatto? In che modo puoi imparare dalle tue esperienze per aiutarti a offrire compassione ad altri che hanno bisogno?

CONSULTA

Proverbi 14:31; Matteo 25:31–46; Giacomo 1:19–26.

Ellen G. White, A Call to Stand Apart, cap. 15, «Social Justice»; La via della guarigione, pp. 102–107.

Sikhu Daco, «Social Justice: A Systematic Case for Adventist Engagement in Christian Benevolence», Pondering… (blog), http://www.sikhu.org/social-justice.

LEZIONI PER GIOVANI (18-35 ANNI)

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