SdS CQ (College Quarterly) Quarto Trimestre 2017 – 01

Lezione 1

30 settembre – 6 ottobre

L’apostolo Paolo a Roma

«Prima di tutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo» (Romani 1:8)

Sabato 30 settembre

INTRODUZIONE

Un’eredità duratura

di Simon Oduor, Rongo, Kenya

Romani 15:25

Il 19 marzo 1813, nacque il dott. David Livingstone, un missionario scozzese. La gente non poteva sapere, considerato che crebbe a migliaia di miglia dall’Africa, che Livingstone sarebbe diventato un grande abolizionista, medico e missionario che avrebbe esplorato l’Africa verso la metà del diciannovesimo secolo. Si dice sempre che la cosa migliore che si possa fare con la propria vita sia lasciarsi dietro un’eredità duratura dopo la morte. Il dott. Livingstone lasciò un’eredità con la quale ci possiamo ancora identificare nel ventunesimo secolo. «Livingstone è stato considerato un convinto abolizionista che credeva nella dignità degli africani, nell’attuabilità di imprese commerciali per il continente e nell’imposizione del cristianesimo, nonostante le credenze spirituali indigene».[1]

Una cosa che colgo da questa storia è che Livingstone credeva nell’imposizione del cristianesimo nonostante le credenze spirituali indigene. Gli africani avevano il loro modo di adorare, per quanto condizionato dalla cultura. In qualche modo, credevano in un potere superiore che portava in esistenza caratteristiche che essi potevano vedere e con le quali potevano identificarsi, come il sole, la luna, le montagne, i laghi e altro. Trasformare le loro credenze e aiutare gli africani ad abbracciare il cristianesimo, l’opera di Livingstone come missionario era certamente importante.

Era un compito nobile, che sorgeva dal cuore. Nessuno pagava Livingstone per il lavoro svolto; esplorava per ragioni significative. Lasciò un’eredità duratura. La storia del dott. Livingstone ricorda un po’ la storia dell’apostolo Paolo, che fu il discepolo di Cristo che viaggiò di più. Paolo viaggiò nel mondo, «prima come persecutore dei cristiani . . . e poi come uno dei più grandi cristiani che abbiano mai vissuto».[2]

Intorno al 62 d.C., Paolo arrivò a Roma con una grande missione: diffondere il vangelo del Dio vivente e fondare chiese nel potente Impero Romano. Nonostante l’opposizione dominante da parte del governo romano, le ostilità che misero alla prova la sua missione e la sua vita come prigioniero in quella terra, Paolo non indugiò mai nel suo obiettivo.

Passò il suo tempo in prigione scrivendo lettere che oggi costituiscono una grossa parte del Nuovo Testamento. La sua opera come missionario a Roma produsse risultati positivi che trascendono le generazioni. Fondò chiese, e la sua missione portò a convertiti. Prima della sua morte come martire cristiano, raggiunse il nobile obiettivo di conquistare anime per Cristo e compiere l’obiettivo del grande mandato (Matteo 28:19).

Nei giorni seguenti, impareremo di più sulla vita di Paolo e sulla sua missione nella città di Roma.

[1] «David Livingstone Biography», Biography.com, visitato il 12 luglio 2016, http://www.biography.com/people/david-livingstone-9383955#legacy-and-related-scholarship.

[2] Wayne Blank, «Paul in Rome», Daily Bible Study, visitato il 12 luglio 2016, http://www.keyway.ca/htm2000/20000203.htm.

Domenica 1 ottobre

LOGOS

Missione compiuta

di Bob Collince, Rongo, Kenya

Atti 18:1–18; 28:16–31; Romani 1:8; 15:20–27; Ebrei 2:9

La fedeltà di Dio (Atti 18:9–11)

Come missionario, Paolo prendeva di mira fulcri commerciali, centri capitali con culture diverse e colonie romane. Dato che posti del genere avevano abitanti provenienti da culture diverse, Paolo sapeva che il vangelo si sarebbe spostato per mezzo dei suoi ascoltatori in parti diverse del globo. Il missionario si servì di una strategia semplice e diretta. Cominciò la sua evangelizzazione dalle sinagoghe locali, rivolto alla comunità ebraica. Quando resistettero, si sarebbe rivolto a un pubblico non ebraico.

Ciò nonostante, non fu senza sfide. Malgrado il suo carattere audace, determinazione assoluta e coraggio incrollabile, Paolo parla di momenti in cui era timoroso, debole e angosciato (1 Corinzi 2:3; 1 Tessalonicesi 3:7). Eppure, di fronte alle sfide scoraggianti, Paolo si affidò alla fedeltà di Dio. Quando finì i fondi per sostenere le imprese evangelistiche e le necessità personali, egli si affidò all’aiuto di Dio.

Dio fu anche fedele nel dare convertiti, anche davanti alla feroce opposizione. Dio rispose al peccato con la grazia, portando ex ladri, adulteri, truffatori e molti altri a sottomettere il loro cuore al vangelo. Soprattutto, Dio fu fedele nel dare protezione, confermare la sua presenza, e dimostrare il suo obiettivo (Atti 18:9, 10).

Quando ci troviamo davanti a compiti riguardanti la missione, spesso invochiamo delle scuse per evitarli, sentendoci a disagio; non siamo consapevoli di essere solo strumenti di cui Dio si serve per compiere il suo obiettivo. Come nel caso dell’apostolo Paolo, Dio ha già grandi piani per assicurarsi che abbiamo successo nel ministero. L’ha fatto per Paolo. Può farlo per noi. Dobbiamo solo ricambiare con un servizio fedele.

Ambizione oltre la tomba (Romani 15:20–27)

In Romani 15, Paolo ci chiama a renderci conto che tutto è possibile quando lasciamo che Dio operi con e attraverso di noi. Le persone hanno ambizioni diverse nella loro vita. Molti danno priorità al denaro, alla famiglia, all’istruzione o al piacere. Tuttavia, come cristiani, dovremmo essere guidati da un’ambizione più grande, un’aspirazione che dura più a lungo di questa vita. Dopo la sua conversione, Paolo sfruttò il proprio tempo per raggiungere un nobile obiettivo. Percorse lunghe distanze e sopportò sofferenze per affermare il vangelo di Cristo in posti dove non era mai arrivato.

Una delle lezioni che impariamo da questo passaggio è che un servo di Dio deve fare piani per spingere avanti la sua ambizione. Paolo attraversò una grossa parte dell’Impero Romano, evangelizzando e fondando chiese. Un individuo con solo pochi amici che condividevano la stessa causa, non potevano essere in tutti i posti nello stesso momento. Ma Paolo mantenne i contatti con i posti che aveva visitato e con quelli che doveva ancora visitare. Comunicò con i fratelli a Roma prima della sua visita, e mentre era lì scrisse lettere affettuose alle chiese che aveva aiutato a istituire anche in altre parti.

Dio escogiterà sempre una via per mezzo dei suoi servi leali per assicurarsi che la missione abbia successo. In questo passaggio, vediamo Paolo che mobilita i fratelli e le sorelle in Macedonia e in Acaia «di fare una colletta per i poveri che sono tra i santi di Gerusalemme» (Romani 15:26).

«A quanto pare, molte delle persone che si erano convertite dall’ebraismo a Cristo avevano perso il lavoro ed erano state ostracizzate dalle loro famiglie. Paolo ricordò ai credenti gentili che la salvezza era venuta attraverso Israele, e gli disse che avevano un obbligo morale di aiutare quei credenti ebrei che stavano sopportando delle difficoltà a causa della loro fede in Cristo».[1]

Il ministero di Paolo a Roma (Atti 28:16–31)

Luca infine rivela come Paolo arriva nella capitale, Roma, in quello che sarebbe un culmine delle sue avventure missionarie. La lettera che annuncia la sua visita aveva raggiunto i destinatari in tempo, e ora essi aspettavano con gioia, in attesa di ricevere il missionario. Ironicamente, Paolo arriva a Roma come prigioniero.

Luca non ci racconta molto di quello che accadde nel processo a Paolo o il risultato della sua sentenza. Tuttavia, una cosa che sappiamo è che Paolo resta in custodia mentre aspetta il processo. Un soldato è assegnato a fargli la guardia. Nel frattempo, Paolo ha l’opportunità di continuare con la sua missione. Mentre è in una specie di arresti domiciliari, delle persone cominciano ad andare da lui, assetate della parola di Dio.

Per i servi leali di Dio, c’è un’oasi di speranza in ogni deserto. Gli ebrei di Roma furono molto aperti e onesti con Paolo. Erano «disposti ad ascoltare quello che Paolo aveva da dire loro sulle sue opinioni, nonostante la sua presenza a Roma come prigioniero».[2]

Conquistare un pubblico esigente (Romani 1:8)

Mentre Paolo aveva visitato una grossa parte dell’Impero Romano, non aveva messo piede a Roma. All’epoca, Roma era una potente capitale che comandava il mondo occidentale. La cultura, il potere, la legge e il commercio avevano tutti il loro centro a Roma. Ai nostri tempi, potrebbe essere come conquistare i paesi del G7 o le «tigri asiatiche» con il vangelo. Paolo dovette affinare la lingua e scegliere le sue parole saggiamente per riferire il messaggio voluto.

Paolo era un credente in Cristo, e il suo obiettivo principale era convincere il popolo di Roma che Cristo aveva la soluzione a tutti i problemi e le risposte a tutte le domande. Diversamente dalle lettere che scrisse a persone singole, ora si stava rivolgendo a una regione vasta. Nel nostro sforzo missionario oggi, Paolo ci insegna a essere scrupolosi, concentrati e, soprattutto, sottomessi alla potenza di Dio.

Rispondi

  1. Oltre alla fedeltà di Dio, quali altre qualità di Dio permisero a Paolo di andare avanti in mezzo ad avversità scoraggianti?
  2. Quali sono alcuni esempi nel viaggio di Paolo che lo aiutarono a fidarsi di più di Dio?
  3. Quali sono alcuni dei mezzi che possiamo usare oggi per portare il vangelo in posti che non ha raggiunto?

[1] Keith Krell, «30. Mission Ambition (Romans 15:14–33)», Bible.org, visitato il 12 luglio 2016, https://bible.org/seriespage/30-mission-ambition-romans-1514-33.

[2] Bob Deffinbaugh, «39. Paul in Rome (Acts 28:1–31)», Bible.org, visitato il 12 luglio 2016, https://bible.org/seriespage/39-paul-rome-acts-281-31.

Lunedì 2 ottobre

TESTIMONIANZA

La potenza del cristianesimo

di Jactone Ochieng, Rongo, Kenya

Romani 1:8

«Paolo spiegò che quando era inconvertito conosceva il Cristo non per esperienza personale, ma semplicemente attraverso il concetto che lui, come altri, si era fatto circa il carattere e l’opera dell’atteso messia. Egli aveva rigettato Gesù di Nazareth, considerandolo un impostore, perché non soddisfaceva quelle aspettative. Il fatto che si fosse convertito gli aveva permesso di comprendere Cristo e la sua missione come parte della sua esperienza spirituale e del suo entusiasmo per la verità. L’apostolo asserì di non presentare loro Cristo secondo la carne. Erode aveva visto Cristo nei giorni della sua umanità; Anna lo aveva visto; Pilato, i sacerdoti e i capi lo avevano visto; i soldati romani lo avevano visto. Ma costoro non lo avevano visto con gli occhi della fede; non avevano riconosciuto in lui il glorioso Redentore. Conoscere Cristo mediante la fede, avere di lui una conoscenza spirituale, era molto più desiderabile che averlo conosciuto quando era sulla terra. La comunione con Cristo, di cui Paolo ora gioiva, era più intima, più durevole, che una semplice relazione umana e terrena.

Paolo parlava di quello che sapeva e testimoniava di ciò che aveva visto, dicendo che il Gesù di Nazareth era la speranza d’Israele. Coloro che cercavano sinceramente la verità furono convinti dalle sue parole. Almeno su alcune menti le sue parole lasciarono una impressione indelebile. Ma altri rifiutarono testardamente di accettare la chiara testimonianza delle Scritture, anche se era stata loro presentata da un uomo illuminato in modo particolare dallo Spirito Santo. . . .

Passarono molti mesi dall’arrivo di Paolo a Roma prima che i giudei di Gerusalemme apparissero di persona a presentare le loro accuse contro il prigioniero. Essi erano stati ripetutamente ostacolati nei loro piani. Ora che Paolo stava per essere processato dal più alto tribunale dell’impero romano, non desideravano rischiare un’altra sconfitta. Lisia, Felice, Festo e Agrippa avevano tutti dichiarato la loro convinzione nella sua innocenza. I suoi nemici potevano sperare di aver successo soltanto cercando di conquistarsi con intrighi il favore dell’imperatore. Il ritardo avrebbe permesso di raggiungere il loro scopo perché avrebbe dato il tempo di perfezionare ed eseguire i loro piani. Così aspettarono un po’ di tempo prima di proferire di persona le accuse contro l’apostolo.

Dio invece si servì di questo ritardo per favorire l’avanzamento del Vangelo. Paolo aveva conquistato il favore dei soldati preposti alla sua sorveglianza, così aveva potuto procurarsi un comodo alloggio nel quale incontrava i suoi amici e aveva presentato la verità a coloro che ogni giorno venivano ad ascoltarlo. In questo modo la sua opera continuò per altri due anni, “predicando il regno di Dio, e insegnando le cose relative al Signor Gesù Cristo con tutta franchezza e senza che alcuno glielo impedisse”».[1]

Rispondi

  1. In che modo il nostro stile di vita cambia quando riceviamo Cristo nella nostra vita?
  2. Cosa possiamo fare per assicurarci di non scivolare di nuovo nel peccato dopo la conversione?

[1] Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, p. 283-284.

Martedì 3 ottobre

EVIDENZA

L’atteggiamento «da servo» di Paolo

di Elly Onyango, Rongo, Kenya

Romani 15:24–33

Dopo il grande incontro con Cristo sulla via per Damasco, Paolo sviluppa un bruciante desiderio di servirlo. In un viaggio per Malta, egli sopporta la pioggia, il freddo e un naufragio pericoloso. Quando abbiamo la passione di servire Dio, possiamo sopportare tutte le avversità che si trovano tra lui e noi. Paolo ci mostra l’atteggiamento di un servo. Lo possiamo vedere che raccoglie un fascio di rami secchi per accendere un fuoco (Atti 28:3). Lo fa alla presenza di persone del posto e di altre persone che avevano più familiarità con la zona e avrebbero potuto fare quel lavoro. Un cuore di servizio era sempre manifesto in Paolo.

Ma possiamo anche vedere Paolo resistere a tutte le tentazioni che incontra. Quando «uscì fuori una vipera, risvegliata dal calore, e gli si attaccò alla mano» (Atti 28:3), egli rimase fedele a Dio, il suo Signore. Resta calmo e scuote semplicemente la creatura nel fuoco. La folla, pensando che accadrà qualcosa di pericoloso, resta stupefatta. Si aspettano che Paolo soffra un morso letale dalla vipera, ma ciò non accade.

Per Paolo, è solo una delle molte vie attraverso cui Dio opera. Dio ha uno scopo per lui. Lo protegge dal naufragio e mantiene innocua la bocca della vipera in presenza del suo servo. Il vero significato qui è che Dio protegge i suoi servi. Non lascia che essi periscano prima di compiere la sua opera. Dio garantisce che Paolo sia salvo di fronte a tutti i pericoli. Dio si assicura che niente impedisca a Paolo di portare il vangelo della salvezza al popolo di Roma.

Di tutti i viaggi che Paolo ha avuto, il viaggio a Roma è il più lungo e il più pericoloso. È pieno di drammi e prove che preparano il missionario per il grande compito che ha davanti. Nelle fiamme della prova, il carattere del servo di Dio brilla ancora di più.

«Ciò nonostante, durante l’intero viaggio Paolo era calmo, coraggioso e fiducioso. Era sempre e pienamente un vero leader. Aveva cominciato questo viaggio come prigioniero, eppure finì per comandare tutti, incluso il capitano, il nocchiere e il centurione romano. Le caratteristiche di vera leadership spirituale sono tutte esemplificate nella vita dell’apostolo Paolo».[1]

Rispondi

  1. Dagli eventi che si susseguono durante il viaggio di Paolo a Roma, è evidente che Dio è al comando. Questo cosa ci insegna sulla sovranità di Dio?
  2. Quali sono alcune delle prove che affrontiamo oggi nel nostro sforzo di diffondere il vangelo della salvezza?
  3. Perché pensi che Paolo avesse un bruciante desiderio di visitare Roma?

[1] John MacArthur, Paul’s Perilous Journey: Acts 27–28, Gty.org, visitato il 12 luglio 2016, http://www.gty.org/resources/study-guides/40-5184/pauls-perilous-journey.

Mercoledì 4 ottobre

COME FARE

Seguendo le orme di un missionario

di Layla Imani, Nairobi, Kenya

Atti 28:23

Possiamo imparare molte cose dalla strategia missionaria di Paolo. Tanto per cominciare, una cosa che possiamo dire di Paolo è che era profondamente dedicato a servire e conoscere Cristo. In tutte le sue attività, Cristo era al centro dei suoi pensieri. Come fabbricante di tende, predicatore e prigioniero, Paolo fece di Cristo il proprio centro. La sua disponibilità a condividere il messaggio lo spinsero a imparare di più su Cristo e raggiungere più persone per la sua causa.

Prima della sua conversione, Paolo non conosceva molto del vero carattere di Dio. Conosceva il cristianesimo in un modo negativo, che è il motivo per cui aveva perseguitato i cristiani (Atti 9:1). Tuttavia, la sua conversione segnò una svolta nella sua vita. Da quel momento, ricevette Cristo nella sua vita e fu cambiato. Diventò grato per la grazia che aveva ricevuto da Cristo e sviluppò un desiderio di condividere il messaggio della salvezza con quante più persone possibile.

I giorni successivi della via di Paolo furono pieni di predicazione e condivisione del messaggio di Cristo. Ognuno di noi ha una storia da raccontare del dono della grazia e della salvezza che abbiamo ricevuto attraverso Cristo. Ecco alcune lezioni che possiamo imparare dalla strategia missionaria di Paolo.

Trasmetti il messaggio. Paolo predicava con autorità, esprimendo il messaggio di Gesù Cristo che è in grado di cambiare la vita delle persone. Trasmetteva il messaggio attraverso la sua vita. Le Scritture formavano la base del suo ragionamento, affrontando questioni che riguardavano la vita di tutti i giorni dei suoi ascoltatori.

Sii «ogni cosa a tutti». Questo non vuol dire che devi trasgredire le leggi di Dio per accontentare le persone. Paolo usa questa frase nel contesto di portare a compimento il messaggio del vangelo, che non ha limite. Egli abbracciò sia gli ebrei che i gentili, dando a ogni gruppo la giusta dose di medicina spirituale.

Sottomettiti a Cristo. Qualunque cosa facciamo per Cristo è alla sua gloria e non per la nostra. Paolo pregava sempre per il successo nel compiere gli obiettivi missionari. Cedeva a Cristo tutte le volte. Con quell’esempio, possiamo sollevarci al di sopra degli intralci e compiere i nostri obiettivi missionari oggi.

Fai uso degli altri operai. Paolo faceva uso degli altri credenti. Nei suoi viaggi, faceva nuovi amici e aveva compagni sulla via (Atti 12:25). Predicare il vangelo è un compito collettivo di tutti i cristiani.

Rispondi

  1. Nomina alcune delle qualità di Paolo come messaggero di Cristo.
  2. Nelle nostre comunità come possiamo includere tutti?

Giovedì 5 ottobre

OPINIONE

Fare amici e nemici

di Charity Achieng’, Homa Bay, Kenya

Atti 28:16

Paolo desiderava visitare Roma e condividere il vangelo della salvezza. Sfortunatamente, attraverso occhi umani, arrivò a Roma come prigioniero sotto sorveglianza ventiquattro ore su ventiquattro. In condizioni simili, molte persone diventerebbero nervose, indolenti e lascerebbero la loro mente al maestro del peccato. Voci non confermate rivelano che molti prigionieri commettono più crimini mentre sono in prigione. Raggirano e truffano i cittadini liberi, intimidiscono i detenuti e hanno una cattiva condotta.

Paolo fu agli arresti domiciliari per più di un paio d’anni, ma usò il suo tempo saggiamente. Quando arrivò a Roma, il cristianesimo era già considerato una «setta» (Atti 28:22). Ogni parte di Roma parlava contro il cristianesimo. Ma agli occhi di Dio, la città era pronta per il raccolto. Credenti, santi e chiese presto sarebbero sorti.

Paolo usò il suo tempo in prigione per una buona causa. Per prima cosa, evangelizzò a tutti quelli che andavano da lui (Atti 28:30, 31). Quando permettiamo a Dio di servirsi di noi, egli può trarre il meglio da noi anche nelle situazioni peggiori. Paolo si assicurò che quelli che andavano da lui se ne andassero con qualcosa di nuovo riguardo il cristianesimo e Dio.

Secondo, Paolo usò l’ambiente tranquillo lontano da qualsiasi distrazione per scrivere la maggior parte delle epistole nel Nuovo Testamento. Le lettere ai Filippesi, Efesini, Colossesi e Filemone sono prodotti del tempo di Paolo a Roma. Seguire Cristo richiede che si pratichi l’abnegazione. Paolo fece nemici e amici in misura uguale. Molte volte, affrontò il giudizio davanti a re e imperatori, la maggior parte dei quali erano contro di lui e la sua opera.

Al tempo della sua visita, Roma dominava il mondo. Era il centro degli affari, della politica e del potere militare. Paolo si trovò nel mezzo di una città molto esigente eppure molto assetata della Parola di Dio. Di conseguenza, doveva compiere il suo obiettivo. È scritto, «E, avendogli fissato un giorno, vennero a lui nel suo alloggio in gran numero; ed egli dalla mattina alla sera annunziava loro il regno di Dio rendendo testimonianza e cercando di persuaderli per mezzo della legge di Mosè e per mezzo dei profeti, riguardo a Gesù» (Atti 28:23).

Anche se Paolo era arrivato a Roma in catene, fece la sua parte come missionario. Oggi, potremmo non essere in catene o dietro le sbarre. Ma le sfide affrontate da Paolo, le tribolazioni che attraversò, e i passi che prese per compiere i suoi obiettivi, continuano ad informarci molto sull’opera missionaria, come individui e come chiesa.

Rispondi

  1. Che cosa dobbiamo scrollarci di dosso per lavorare efficacemente per Cristo?
  2. In che modo Dio si assicurava che Paolo fosse al sicuro, anche nelle fredde celle della prigione?

Venerdì 6 ottobre

ESPLORAZIONE

Coraggio di condividere?

di Cassi Fitzpatrick, Lincoln, Nebraska, U.S.A.

Filippesi 1:12–14

ESPLORAZIONE

Le catene di Paolo erano una testimonianza della sua fede nelle Scritture e nel piano della salvezza di Dio. «E la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell’annunciare senza paura la parola di Dio» (Filippesi 1:14). Paolo scelse di vedere l’afflizione e il dolore che aveva vissuto come un vantaggio per costruire il regno di Dio. Dio trasformò la «sfortuna» di Paolo in fortuna. Ed essa « . . . ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo» (Filippesi 1:12). Paolo era disposto a seguire il suo creatore e avere fede nel piano di suo Padre — fede che Dio non l’avrebbe mai lasciato o abbandonato (Deuteronomio 31:6). Questo atto di fede ha ispirato persone in tutto il mondo! Le sue catene si rivelarono essere la sua più grande risorsa! Oggi, la nostra perseveranza personale e fede nell’amore di Dio per noi nelle nostre difficoltà possono servire come testimonianza del suo amore e della sua potenza che aiuta attraverso i nostri problemi. Hai il coraggio di condividere quello che Dio ti sta aiutando a superare nella tua vita? Hai il coraggio di condividere il messaggio della salvezza di Dio? Hai l’opportunità di fare una differenza. Ne hai il coraggio?

PROVA A

  • Trascrivere la tua testimonianza ed evidenziare i momenti cruciali nel tuo cammino spirituale che hanno avuto il significato più grande per te.
  • Tenere la tua testimonianza scritta a portata di mano e cercare opportunità per condividere la tua storia faccia a faccia o con un gruppo.
  • Cercare online e in chiesa opportunità per diffondere il vangelo attraverso un viaggio missionario o lavoro sociale, localmente.
  • Invitare un amico a passare del tempo insieme e chiedere del suo viaggio personale con Dio. Questo può dare al tuo amico l’opportunità di condividere il messaggio di Dio. Potrebbe anche essere esattamente quello che avevi bisogno di sentire come incoraggiamento spirituale!
  • Fare un disegno come preghiera a Dio. Usa matite colorate e rendilo vivace. Mostra a Dio quello che hai nel cuore e mostragli idee su come vuoi essere un testimone per il suo regno.
  • Catturare in uno scatto o in un selfie come condividi il messaggio di Dio (una foto del tuo posto di volontariato preferito, materiali biblici, o la chitarra che usi per l’evangelizzazione). Sii creativo! Posta la tua foto su Instagram o Facebook: #CQdaretoshare.

CONSULTA

Marco 16:15–19; Salmo 96

Ellen G. White, La via della guarigione, cap. 42; La via della guarigione, pp. 369-370; Le parabole, pp. 251-253.

LEZIONI PER GIOVANI (18-35 ANNI)

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