Lezione 9
25 novembre – 1° dicembre
Nessuna condanna
«Ora dunque non vi è alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù, i quali non camminano secondo la carne ma secondo lo Spirito» (Romani 8:1)
Sabato 25 novembre
INTRODUZIONE
Il testo che cambia la vita
di Michael Temple, Grand Forks, North Dakota, U.S.A.
Romani 8:1
Singhiozzavo al telefono, nel raccontare al mio amico John l’accaduto; lui mi ascoltava in silenzio, mentre gli aprivo il mio cuore. Il mio passato come musicista rock and roll era così vergognoso che segretamente mi chiedevo perché lo stessi raccontando a qualcuno. Dopo tutto, ero cresciuto nella chiesa, e avrei dovuto sapere che non avrei dovuto permettermi di cadere così profondamente in uno stile di vita che è notoriamente brutto.
Riversai tutto addosso a lui, e quando ebbi finito dissi semplicemente, «Ecco qui, Jon. Ecco la mia miserabile esistenza in breve. Come farò mai a superare questa cosa?» La sua risposta mi sorprese. Non mi condannò; non mi fece sentire in colpa; rispose semplicemente, «Mike, hai una Bibbia lì con te?».
«Sì», mormorai.
Jon continuò, «Non credo che qualcuno abbia mai condiviso il vangelo con te, e devi vedere una cosa».
Andai a recuperare il libro polveroso. «Mike, vai a Romani 8:1 e leggimelo».
Lessi con voce rauca, «Ora dunque non vi è alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù, i quali non camminano secondo la carne ma secondo lo Spirito» (ND).
«Mike», disse Jon, «Gesù non è venuto sulla terra per condannarti. È venuto per salvarti da te stesso».
Le parole non possono descrivere a dovere il peso emotivo che fu sollevato dalle mie spalle quella sera. Ma allora, tra la sua chiamata e il momento in cui portai mia moglie e la nostra bambina in chiesa la mattina dopo, quei vecchi sentimenti di perdita avevano ripreso piede. La mia bambina aveva cominciato a fare rumore, quindi la portai in una stanzina fuori dal luogo di culto e aprii la porta per sentire quello che il pastore stava dicendo. «Buon giorno», disse. «Per favore aprite le vostre Bibbie a Romani 8:1». Il pastore stava predicando sullo stesso testo che il mio amico aveva condiviso con me la sera prima!
In un modo semplice ma profondo, il Creatore aveva teso il braccio e mi aveva incontrato quel giorno. Più tardi scoprii che il pastore avrebbe dovuto condividere un messaggio completamente diverso quel giorno, ma sentì fortemente la sera prima, più o meno quando ebbi la mia conversazione con Jon, di dover predicare su questo versetto specifico della Scrittura.
I messaggi di Romani sono particolarmente dolci per me a causa della potenza che hanno instillato nella mia vita fallimentare. Sono eternamente grato per il modo in cui Dio ci parla attraverso la sua Parola e amici come Jon.
Domenica 26 novembre
LOGOS
La richiesta di giustizia
di Jenny Coleman, Berrien Springs, Michigan, U.S.A.
Romani 6:23; 8:1
Romani 8:1 afferma, «Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù», che indica che nel passato, gli uomini e le donne di Cristo vivevano in uno stato di condanna, insieme con i loro compagni del mondo. Questa condanna esisteva a causa del peccato, che entrò nel mondo quando Adamo cadde e contaminò tutta l’umanità futura (Romani 5:18). Nel Nuovo Testamento greco, la parola condanna vuol dire che una persona è stata accusata, esaminata e dichiarata colpevole di un crimine. Vuol dire che il trasgressore è stato trovato colpevole e sta aspettando la punizione così che possa essere fatta giustizia. Per Paolo, il criminale è l’umanità, che è stata trovata colpevole di peccato e deve ricevere la pena massima prevista dalla legge: la morte (Romani 6:23). Dato che «tutti hanno peccato», tutti sono condannati, quindi tutti devono morire (Romani 3:23).
In Romani 8, però, è successo qualcosa che ha cambiato la situazione. La condanna è rimossa da «quelli che sono in Cristo Gesù», che può voler dire solo una cosa: in qualche modo, la richiesta di giustizia della legge è stata soddisfatta, così che i seguaci di Cristo non vivono più nell’ombra della pena di morte.
Una legge di morte (Romani 6:14; 7:10)
La legge appare ben in evidenza nel libro di Romani con Paolo che cerca di dimostrare che è stata resa impotente nella vita dei cristiani (Romani 6:14). Lo scopo della legge è di condannare il peccato nell’umanità e di richiedere la punizione appropriata, e per questa ragione la legge funziona come uno strumento di morte (Romani 7:10). Paolo sostiene che la legge in realtà aumenta i peccati che le persone commettono e intensifica il giudizio contro di loro, perché «io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge» (Romani 7:7). Psicologicamente, questa è una valida argomentazione, perché come esseri umani caduti, siamo tentati più fortemente a fare le cose che sappiamo essere sbagliate. Un bambino non è particolarmente tentato di toccare i fornelli prima che la madre dica, «Non toccare i fornelli!»
Quando la legge ci dice quali azioni sono peccato, la nostra natura umana ci attira a quelle azioni; e se, conoscendo la legge, scegliamo di peccare, la nostra condanna si intensifica perché abbiamo peccato deliberatamente. Anche nel sistema legale moderno, i crimini deliberati sono puniti più aspramente di quelli commessi inavvertitamente. Per un Dio che vuole disperatamente salvare l’umanità, una legge che può solo offrire giudizio non è abbastanza, quindi ha progettato un piano che avrebbe annullato il potere della legge di condannare. Paolo spiega questo piano in Romani 8:2–4.
Una legge migliore (Romani 8:2–4)
La legge di Dio non è imperfetta, ma è incompleta, perché non può fornire salvezza a chi condanna (Romani 8:3). Né la legge può salvare le persone che ubbidiscono, perché anche se non peccano con le loro azioni, sono comunque corrotti dalla condizione di peccato che ha afflitto l’umanità fin dalla caduta (Romani 3:20). Per redimere il suo popolo, Dio ha dovuto fornire un nuovo sistema di giudizio, uno che avrebbe sia condannato il peccato, sia offerto una via di fuga dalla pena (Romani 8:3), così ha mandato Gesù sulla terra per diventare una nuova legge per l’umanità.
Il Salvatore, con la sua vita perfetta, ha condannato il peccato in tutti quelli che ha incontrato e, con la sua morte, ha perdonato quello stesso peccato (Romani 8:3). Gesù ha osservato la legge perfettamente, soddisfacendo le sue richieste di ubbidienza, ed è morto per conto dell’umanità condannata, soddisfacendo la richiesta di giustizia della legge (Romani 8:4). Se accettiamo che Gesù ha portato a compimento la legge per conto nostro, allora la legge non è più in grado di condannarci, perché è stata fatta giustizia. «Non siamo sotto la legge ma sotto la grazia» (Romani 6:15). Una volta che un criminale è stato punito a dovere, è libero di andare. La legge è giusta; non condanna una persona per lo stesso peccato ripetutamente. C’è una differenza tra la legge umana e la legge che Gesù ha stabilito con la sua vita sulla terra. Mentre la legge umana potrebbe condannare una persona per un crimine, esigendo la punizione, la legge di Gesù incorpora una capacità più ampia per la misericordia, perdonare tutto il peccato — le azioni e la condizione — sempre, finché siamo disposti ad accettare il sacrificio di Gesù per noi (1 Giovanni 1:7).
Vita sotto la grazia (Romani 5:2; 6:14; 8:15)
Anche se siamo liberati dalla condanna quando accettiamo il sacrificio di Gesù, dobbiamo mantenere il nostro collegamento salvifico con lui per restare in quello stato di libertà. Paolo ci ricorda che quelli che non sono condannati sono quelli che «[camminano] non secondo la carne, ma secondo lo Spirito» (Romani 8:4). Incoraggia i credenti a non permettere alla natura umana peccaminosa di comandare la loro vita, ma di vivere come si addice alla natura spirituale redenta. Ritornare alla natura peccaminosa vuol dire morte certa, perché «quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio» (Romani 8:8).
Solo vivendo come salvati dalla morte, fidandosi che Gesù ha portato a compimento la legge per suo conto, evitando la natura peccaminosa, e scegliendo la natura spirituale, i credenti possono sperare di compiacere Dio. Una grande ricompensa attende coloro che vivono «secondo lo Spirito». Il loro stato di condanna e peccato sarà sostituito da uno stato di grazia e giustizia (Romani 5:2, 17). Essi saranno liberati dalla condanna della legge e dal peccato, salvati dall’ira di Dio e riconciliati a lui (Romani 5:9, 11; 6:14, 18). Dio li adotterà come suoi figli e darà loro la promessa di vita eterna (Romani 8:15, 5:21). In Cristo tutta la condanna, inclusa l’auto-condanna che Paolo descrive in Romani 7, è finalmente estirpata dalla vita dei figli di Dio.
Rispondi
- I cristiani dovrebbero preoccuparsi del peccato quando vivono in uno stato di grazia?
- Come possiamo affrontare il peccato negli altri senza condannarli?
Lunedì 27 novembre
TESTIMONIANZA
«Il te giusto» attraverso di lui
di Jeff Blevins, Bel Air, Maryland, U.S.A.
Romani 8:1, 2
Nel libro The Test of Discipleship, Ellen G. White scrive, «Prima del peccato Adamo, ubbidendo alla legge di Dio, aveva la possibilità di formarsi un carattere integro; ma non ci riuscì e a causa del suo errore anche la nostra natura è contaminata. In quanto esseri peccatori e corrotti non possiamo ubbidire completamente alla legge di Dio, perché non essendo giusti non possiamo soddisfarne le condizioni. Ma il Cristo, affrontando senza peccare le prove e le tentazioni che noi stessi dobbiamo sostenere, morendo per noi, offrendoci la sua giustizia e il perdono dei peccati, ci ha dato la possibilità di riscattarci dalla nostra situazione di miseria. Per quanto la vostra vita sia limitata dal peccato, se vi rivolgete a Gesù e lo accettate come Salvatore, per amore suo sarete considerati giusti, come se non aveste mai peccato, perché i meriti del Cristo colmeranno le lacune del vostro carattere».[1]
Che verità semplice e meravigliosa che possiamo avere la giustizia di Dio anche quando la nostra vita è stata coperta di peccato! Dobbiamo solo darci a Gesù Cristo e accettarlo come nostro salvatore. «Il te giusto» può succedere attraverso il carattere di Gesù Cristo.
Potresti chiederti cosa voglia dire essere in Cristo, ma la Bibbia dà una risposta bellissima: «Non c’è dunque più nessuna condanna [nessun verdetto di colpevolezza, nessuna punizione] per quelli che sono in Cristo Gesù [che credono in lui come personale Signore e Salvatore], perché la legge dello Spirito della vita [che è] in Cristo Gesù [la legge del nostro nuovo essere] mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte» (Romani 8:1, 2).
È così che abbiamo la giustizia: accettando Gesù Cristo come nostro Salvatore. E quando lo accettiamo, riceviamo completa libertà dall’oppressione del peccato che ha governato su di noi nel passato.
Rispondi
- In che modo conoscere le difficoltà che l’apostolo Paolo ha attraversato, anche dopo aver accettato Cristo come suo salvatore, ti aiuta ad affrontare le difficoltà che ti troverai davanti come cristiano?
- In che modo la storia di Paolo nella Bibbia illustra la giustizia per fede?
[1] Cfr. Ellen G. White, The Test of Discipleship, p. 62.; Ellen G. White, La via migliore, p.62-63
Martedì 28 novembre
EVIDENZA
Parte della famiglia di Dio
di Jonathan Matthew Lanius, Port Deposit, Maryland, U.S.A.
Romani 8:15–17
Adozione: l’atto o processo di adottare un figlio; l’atto o processo di accettare o approvare ufficialmente qualcosa.[1] (La parola greca per adozione è huiothesia, che è definita come essere adottato come figlio in una famiglia divina).
L’adozione da parte di una famiglia meritevole con le giuste intenzioni deve essere un’esperienza meravigliosa per un bambino orfano. Sapere che qualcuno lo ama, vuole proteggerlo e istruirlo, e desidera che faccia parte di una famiglia è una vera benedizione.
L’adozione, locale o internazionale, non è un processo semplice e può costare molto denaro, ma c’è un processo di adozione che è universale e totalmente gratuito. Non ci sono stratagemmi o scappatoie o burocrazia da impiegare. Devi solo dire «Sì!» a colui che ti adotta. Possono esserci degli ostacoli, però, a causa di quelli che non vogliono che facciamo parte della famiglia di Dio.
La serie di libri intitolata Una serie di sfortunati eventi segue tre bambini chiamati Violet, Klaus, e Sunny, i cui genitori sono morti tragicamente. Mentre i bambini vengono spostati di posto in posto, vengono inseguiti senza tregua dal malvagio conte Olaf e i suoi compari, che vogliono la loro eredità.
Quando Dio ha creato il mondo e ha fatto Adamo ed Eva, era tutto loro. Facevano parte della famiglia di Dio. Ma quando Satana li ha convinti a peccare, loro, e noi, in un certo senso, siamo diventati orfani. Satana vuole distruggerci e ci insegue senza tregua per portarci via la nostra eredità. Ma Dio ha un piano e ha mandato suo Figlio Gesù a morire sulla croce così che potessimo essere adottati nuovamente nella sua famiglia (1 Giovanni 3:1).
Paolo scrive ai Romani per dire loro che non c’è motivo di avere paura, perché sono stati liberati dal peccato. Essi, e noi, abbiamo un Padre che possiamo invocare, che è pronto a prendersi cura di noi. Non siamo più orfani inseguiti da Satana. Siamo adottati in una famiglia a tutti gli effetti, con Dio stesso come nostro Padre. Lo Spirito Santo è un testimone di ciò, dicendoci che non siamo solo figli ma anche eredi.
Rispondi
- Chi nella Bibbia pensi possa relazionarsi all’esperienza di essere adottato, sia in senso fisico che spirituale? In che modo Dio si è servito di loro? Come puoi relazionarti con loro?
- Riguardando il testo principale, che collegamento puoi fare tra la schiavitù e la paura? Questo cosa significa per noi ora e nei periodi difficili che abbiamo davanti?
[1] Merriam-Webster online dictionary, s.v. «adoption», visitato il 18 luglio 2016, http://www.merriam-webster.com/dictionary/adoption.
Mercoledì 29 novembre
COME FARE
Vai a camminare!
di Kenneth L. Coleman, Elkton, Maryland, U.S.A.
Romani 8:1
La risposta dell’apostolo Paolo alla condanna in Romani 7 è di allontanarsi dall’io e dalle sue lampanti inadeguatezze e di concentrarsi su Gesù Cristo, la cui vita si trova al nostro posto nel giudizio. Tuttavia, è nostra natura distrarci facilmente. Paolo sapeva che se fosse accaduto, saremmo tornati all’inizio, sotto la condanna, quindi presentò il concetto di «camminare» nello Spirito.
La parola camminare significa «muoversi con un’andatura regolare e piuttosto lenta sollevando e mettendo a terra ogni piede a turno»,[1] e in quanto tale è un simbolo eccellente di una relazione crescente ininterrotta con il Salvatore. Ecco alcune misure da prendere per aiutarti a rendere la tua camminata un successo:
Abbi una destinazione in mente. Mi piace camminare, e dovunque io abiti, trovo velocemente i posti vicini adatti alle escursioni. Spesso guardo il mio sentiero su una mappa o sul computer. Questo mi dà un’idea della destinazione, la distanza, il terreno, la difficoltà e anche la vista. Se non lo faccio (e a volte non l’ho fatto), corro il rischio di andare nella direzione sbagliata, rendendo il viaggio uno sfinimento e una delusione invece che una scoperta e una gioia.
Règolati. A volte, ho cercato di affrettarmi lungo un sentiero, solo per perdere le energie lontano dalla mia destinazione. In modo simile, molti cercano di affrettarsi verso la maturità cristiana con una grande dimostrazione di opere, fino a che la loro relazione con Gesù arriva a soffrire. Quello che serve, dice Paolo, è «camminare» nello Spirito mantenendo una fede misurata, stabile, lineare.
Mantieni la rotta. Quando cammino, trovo decine di sentieri secondari. Potrebbe non esserci niente di sbagliato con quei sentieri, ma seguirli mi toglie l’energia che mi serve per raggiungere la mia destinazione. In modo simile, il nostro cammino spirituale non deve essere un mescolamento tortuoso che si ferma ogni pochi metri per osservare le attrattive del mondo o le nostre inadeguatezze.
Fai esercizio regolarmente. Cerco di camminare tutti i giorni per tenermi in forma. Allo stesso modo, dovremmo avere qualcosa di spirituale tutti i giorni per portarci più vicini alla nostra destinazione: una relazione forte con Gesù. Il nostro cammino spirituale deve essere un apprendimento costante dell’amore e della volontà di Dio, finché gli attaccamenti di questo mondo e la paura del nostro passato non hanno più presa su di noi.
Rispondi
- Se potessi creare una «cartina» della relazione che desideri con Gesù, come sarebbe? Quali passi potresti fare per raggiungere la destinazione che hai indicato?
- Fai una lista di alcune delle distrazioni che distolgono i tuoi occhi dalla tua destinazione spirituale. Quali cose puoi fare per restare concentrato?
[1] Oxford online dictionary, s.v. «walk», visitato il 18 luglio 2016, http://www.oxforddictionaries.com/us/definition/american_english/walk.
Giovedì 30 novembre
OPINIONE
Quello che la legge non può fare
di Celesta Burt, Berrien Springs, Michigan, U.S.A.
Romani 6:14; 7:15, 18; 8:3, 4; Galati 5:24
La fune è molto in alto. Forse una volta ti sei svegliato pensando, Voglio cercare di camminare sulla fune della legge, ma hai provato e sei caduto. Quando hai guardato nello specchio, hai visto i tuoi lividi nel riflesso, ricordandoti che non eri abbastanza bravo. Hai deciso di riprovare, pensando che forse, nel tempo, avresti potuto fare di meglio; ma non sembrava che potessi far felice Dio.
La legge non è il salvatore; è lo standard. Dato che non salva, siamo destinati a essere separati dal vero Salvatore: Gesù. La legge segna i requisiti per la vita, ma non ha la capacità di salvarci dalla stretta della relazione con il peccato. Il problema è che non possiamo lasciare il peccato, perché ha una stretta di ferro su di noi, sussurra nel nostro orecchio proverbiale, e guida le nostre azioni. Il problema è che tutto ciò che il peccato ci sussurra di fare all’orecchio è contrario alla legge di Dio. Ci piacciono gli aspetti del peccato che nutrono il nostro desiderio insaziabile, che ci danno una soluzione temporanea a un bisogno più profondo senza farci affrontare la questione centrale.
La legge non può rompere la stretta del peccato (Romani 8:3); può solo mostrarci il nostro peccato. È per questo che il sistema di sacrifici dell’Antico Testamento non era in grado di liberare il peccatore dal peccato se non collegava il peccatore al Messia che doveva venire: l’Agnello di Dio. I vari sacrifici non avrebbero mai potuto liberare il peccatore dal peccato; potevano solo mostrare le conseguenze del peccato. Indicavano colui che avrebbe potuto davvero liberarci dal peccato. Egli poteva contrastare il peccato e rompere la sua stretta di ferro sull’umanità. Non è attraverso la nostra forza che possiamo lasciar andare il peccato; è attraverso Gesù che indebolisce la stretta del peccato su di noi che possiamo liberarci e andare da lui.
Quando cerchiamo di camminare sulla fune della vita, è Gesù che ci prende tutte le volte che cadiamo, così che possiamo arrivare dall’altra parte senza i segni del fallimento. Dobbiamo arrivare dall’altra parte con e attraverso Gesù, perché altrimenti saremo giudicati per quante volte siamo caduti.
Rispondi
- Romani 7:15, 18 cosa ci dice di cercare di compiacere Dio separati da Gesù?
- Qual è il nostro ruolo, e qual è il ruolo dello Spirito, come ritratto in questi versetti?
Venerdì 1° dicembre
ESPLORAZIONE
Poliziotti, genitori e camminare
di Maylan Schurch, Renton, Washington, U.S.A.
Romani 6:1–11; 8
CONCLUSIONE
Il cristiano si trova a fronteggiare due dilemmi imbarazzanti; la presa che la natura umana ha su di noi, e il modo sconcertante in cui la presenza della legge di Dio sembra risvegliarci a malignità ancora più grandi. Nella sezione Logos, si rifletteva su questo concetto: «Un bambino non è particolarmente tentato di toccare i fornelli prima che la madre gli dica: “Non toccare i fornelli!”». Riusciamo a restare connessi a Gesù tanto da diminuire progressivamente l’impatto della tendenza alla ribellione? Come? Ricordare che la giustizia di Cristo copre davvero i nostri peccati e «camminare nello Spirito» creeranno gradualmente la natura di Cristo in noi.
PROVA A
- Ricordi quando, per la prima volta, ti sei relazionato con un agente di polizia? Traccia il suo identikit, includendo i dettagli del volto (mite, sorridente, burbero, ecc.). Sui bordi esterni del disegno, scrivi le emozioni in presenza di questa persona; provi, o hai provato, alcune di queste emozioni verso Dio? Perché?
- Stampare Romani 8; portalo con te in una passeggiata, rileggendolo diverse volte. Pensa alla «camminata» media che fai: per andare a scuola, al lavoro, a pranzo, a fare compere, ad accompagnare i tuoi figli, ecc.. Considera in che modo hai bisogno dell’aiuto dello Spirito Santo lungo quel percorso.
- Ricorda la primissima parola che hai usato per chiamare tuo padre. Era «papà», o «babbo», o magari «abbà» (Romani 8:15), o qualcos’altro? Quali emozioni provi quando senti o pronunci quella parola?
- Leggere Romani 6:1–11 e immaginare il programma che vorresti si distribuisse il giorno del tuo funerale. Cerca di comporre il tuo epitaffio spirituale. Che cosa direbbe di te?
- Inizia una discussione sui social media sul tema «Mi ricordo il mio battesimo». Inizia descrivendo la tua celebrazione battesimale (i presenti, quando, dove, ecc.), e invita anche altri a condividere i loro ricordi. Includi delle foto se ne hai. Parla dei modi in cui il battesimo è stato una «morte» per te (Romani 6:1–11).
- Accordarti con l’animatore della tua classe per moderare una discussione sul tema dell’adozione spirituale, anche sulla base di Romani 8:15–17.
CONSULTA
- Salmo 119; Ebrei 8:10; 10:16, 17.
- Ellen G. White, La via migliore, cap. 9.
LEZIONI PER GIOVANI (18-35 ANNI)
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