Lezione 03
14 – 20 aprile 2018
Gesù e il libro dell’Apocalisse
«Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono»
(Apocalisse 3:21)
Sabato 14 aprile
INTRODUZIONE
Trova il personaggio
di Enrique Quezada, Lincoln, Nebraska, U.S.A.
Apocalisse 19:11–15
Stavamo facendo le prove di un’aria per la piccola produzione di un’opera a scuola. Il soprano conosceva la musica e le parole a memoria — una cosa in meno di cui preoccuparsi. Pur essendoci una buona base tecnica, però, qualcosa mancava: essere entrati nel personaggio. Le consigliai: «In questa frase, il tuo personaggio all’improvviso passa dal sentirsi determinata a restare leale al suo amato a chiedersi, dolorosamente, se lui farà lo stesso».
«Sai», disse lei, «non avevo fatto attenzione a cosa dicessero le parole di quest’aria». Una volta capiti e applicati i cambiamenti al personaggio, eravamo sulla strada giusta.
Crescendo avevo sempre un po’ di apprensione nei confronti del libro dell’Apocalisse. Ogni volta che un pastore o un membro di chiesa dedicavano un sermone a una tematica tratta da questo libro, il servizio di culto suscitava emozioni simili a quelle di un film dell’orrore, piuttosto che evidenziare l’amore dell’Agnello di Dio. Persino il titolo del libro, Apocalisse, contribuiva all’atmosfera inquietante. Non vedevo grandi speranze per i tempi della fine. Forse ancora adesso tengo le mie distanze dall’Apocalisse per paura, senza rendermi conto di chi sia il personaggio principale: Gesù.
Dall’inizio, ci è detto che questa rivelazione è «di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve» (Apocalisse 1:1). Nello stesso capitolo di apertura, vediamo un’immagine del «primo e l’ultimo», il «vivente» che ci chiama a non aver paura perché egli tiene «le chiavi della morte e dell’Ades» (Apocalisse 1:17,18). I sigilli e le trombe accompagnano terrificanti descrizioni di disastri. Poi, ecco il dragone, le bestie, le piaghe, gli annunci dell’angelo — l’ambientazione si fa sempre più apocalittica a mano a mano che ci avviciniamo alla fine. È comprensibile, perfino facile, perdere di vista colui che è descritto come l’Agnello.
Il capitolo 19 mette Gesù al centro dell’azione. Senza allontanarsi dal tema della guerra, Gesù appare su un cavallo bianco, potente e vittorioso, la sua veste tinta di sangue, un esercito vestito di bianco appena dietro di lui. Il nome scritto sulla sua veste dice: «Re dei re e Signore dei signori» (Apocalisse 19:11–16).
Non posso abbellire le orribili immagini presentate in Apocalisse, ma posso sovrapporre a esse il primo piano di Gesù.
Preparandoci per i tempi della fine, giustamente ci rivolgiamo al libro dell’Apocalisse. Ma dobbiamo andare oltre e concentrarci su Gesù. Le note e le parole trovano un nuovo significato quando viste attraverso un personaggio definito; in modo simile, attribuiamo all’Apocalisse il significato corretto solo quando il nostro personaggio principale è Gesù.
Domenica 15 aprile
LOGOS
Apocalisse: una rivelazione di Gesù
di Keith LaRoy, Edmonton, Alberta, Canada
Giovanni 1:29; 1 Corinzi 2:2; Ebrei 9:2–5; Apocalisse 1:1–8; 3:21; 5:8
Rivelazione, il culmine (Apocalisse 1:1–3, 7)
Le prime parole sono incredibilmente illuminanti. «Rivelazione di Gesù Cristo» (Apocalisse 1:1; corsivo aggiunto). La parola rivelazione è una parola visiva, comunica l’idea che qualcosa, che forse prima era nascosto alla vista, ora può essere visto. A causa dei nostri progenitori che avevano partecipato al peccato, Dio, verso l’inizio dell’esistenza umana, aveva dovuto vietare all’umanità l’accesso fisico diretto a lui (Genesi 3:22–24). Questo iniziò la «velatura» di Dio nei confronti degli esseri umani, e questo era necessario a causa del peccato.
Parlando a Mosè, Dio disse chiaramente, «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere» (Esodo 33:20). Dall’Eden, ci troviamo dall’altra parte di questo velo, possiamo scorgere Dio solo da lontano. Come dice Paolo, «ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia» (1 Corinzi 13:12). Ma paradossalmente, la Scrittura insegna anche chiaramente che la salvezza dal peccato e la riconciliazione finale con Dio comportano il vedere Dio in qualche modo.
Il profeta Isaia riporta che Dio dice, «Volgetevi a me e siate salvati» (Isaia 45:22). Come funziona? Non possiamo vedere Dio, o rischiamo l’autodistruzione, ma l’unico modo per essere salvati è guardandolo?
La risposta che si trova nella storia e nelle pagine della Scrittura tra la Genesi e l’Apocalisse è che Dio, un po’ alla volta, si rivela sempre di più a noi. Attraverso la penna dei profeti e i simboli del sacrificio, progressivamente si rivela sempre di più. Lo vediamo più chiaramente. E la rivelazione più chiara di Dio viene nella persona di Gesù Cristo. Nella persona di Cristo, stiamo osservando Dio velato nell’umanità. Che bellissima immagine di Dio vediamo dipinta nei vangeli! Non c’è da meravigliarsi che Paolo abbia detto, «mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso» (1 Corinzi 2:2).
Il culmine dell’autorivelazione di Dio attraverso Gesù viene raggiunto nel libro finale della Scrittura: l’Apocalisse. Costruendo sulla conoscenza cumulativa rivelata di Dio e della salvezza, Dio, attraverso il profeta Giovanni, spalanca la porta, per così dire, gettando virtualmente da parte il velo, per rivelare Gesù in tutta la sua gloria. Questo libro è la rivelazione di Gesù Cristo. Un bellissimo crescendo, il culmine glorioso della Scrittura e il finale supremo alla Genesi. Non solo possiamo vedere Dio chiaramente nella nostra mente, ma l’umanità potrà di nuovo vedere Dio fisicamente — senza più velo di separazione. «Ogni occhio lo vedrà» (Apocalisse 1:7).
Gesù rivelato nelle immagini (Apocalisse 1:4–8, 18; Apocalisse 5)
La prima immagine di Cristo che troviamo in Apocalisse rivela che egli è senza dubbio il Dio onnipotente, eterno. Lo stesso Dio da cui ci eravamo allontanati in Genesi. Ma c’è una differenza. Sorprendentemente, ci viene detto che era morto, ma veniamo rassicurati che egli è vivo per l’eternità e ora ha potere sulla morte. Questo ci riconduce alla centralità della croce, il potente ponte salvifico tra la Genesi e l’Apocalisse, tra Dio e l’uomo.
Nei vangeli, abbiamo incontrato con chiarezza l’umanità di Gesù mentre scorgiamo la sua divinità. Qui incontriamo chiaramente la sua divinità mentre ci viene ricordata la sua umanità permanente. Gesù è colui che governa.
Continuando tra le pagine di Apocalisse, una delle immagini successive che vediamo è delineata nel capitolo 5. Qui si parla di Gesù una volta come leone e quattro volte come Agnello. Subito ci viene in mente Giovanni il battista che indica Gesù all’inizio del suo ministero ed esclama «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!» (Giovanni 1:29). Il sacrificio di Cristo per te e per me è al cuore di questo capitolo e del libro dell’Apocalisse. In effetti, noterai che la parola trono è utilizzata cinque volte in questo capitolo. Questo capitolo rivela qualcosa sulla natura e sulla base del trono di Dio.
L’ingrediente chiave nel governo di Dio è lo spirito di sacrificio per il bene delle sue creature, guidato da un amore infinitamente profondo. Questo sacrificio alla fine vince l’adorazione o l’omaggio di tutti gli esseri dell’universo (Filippesi 2:8–11). Sì, Dio ha la potenza di un leone, per così dire, ma ha il cuore di un agnello. Conoscere chi è Dio veramente — il suo carattere e la natura del suo governo — è molto rassicurante quando studiamo approfonditamente i brani escatologici dell’Apocalisse. Sì, l’Apocalisse ha le bestie, ma parla di Gesù.
Gesù rivelato nei simboli (Apocalisse 11:19)
L’Apocalisse è piena non solo di immagini ma anche di simbolismo. Non esiste simbolismo più chiaro di quello del santuario. Il motivo del santuario è presente in tutta l’Apocalisse. In mezzo al libro dell’Apocalisse, nell’undicesimo capitolo, leggiamo una descrizione dell’arca del patto, situata nel luogo santissimo del tempio celeste (Ebrei 8:1, 2, 5; 9:2–5). In effetti sparsi per l’Apocalisse, troviamo gli articoli di arredamento della prima e della seconda sezione del santuario (Apocalisse 1:20; 8:3; 11:1).
Per generazioni, gli ebrei dal tempo di Mosè fino a Cristo avevano servito nel modello terreno, che era un’«ombra», o un esempio, di quello reale in cielo. Molte persone hanno cercato di analizzare il significato di questi simboli. Ora, con Cristo, quello che forse era difficile da capire è gloriosamente chiaro! Il tempio celeste ora è «aperto», e riusciamo a vedere gli articoli del santuario che vengono usati nel contesto del ministero di Cristo.
L’obiettivo di Cristo rivelato (Apocalisse 3:21; 22:7, 12, 13, 20)
Il libro finale della Bibbia rivela chiaramente Gesù. Come in nessun altro punto della Scrittura, possiamo mettere insieme i pezzi biblici e vedere una bellissima immagine completa dell’amore di Dio, del suo carattere, della natura del suo governo e di come risolverà il problema del peccato. Quindi mentre la nostra attenzione in Apocalisse si concentra su Gesù, emerge qualcosa di profondo. Più chiaramente che forse in qualsiasi altro punto, vediamo che l’obiettivo di Cristo . . . siamo noi! Sì, sei tu! Dice che sta venendo per te, e velocemente. Si riesce quasi a sentire l’attesa impaziente. Ha una ricompensa. Vuole che tu sieda sul suo trono. Caspita!
Nel vangelo di Giovanni, Gesù dice ai suoi discepoli, «tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi» (Giovanni 14:3). Sì, l’obiettivo di Cristo siamo tu e io, e presto, come umanità e per la prima volta individualmente vedremo «la sua faccia» (Apocalisse 22:4).
Rispondi
- Le immagini dell’agnello e del santuario in Apocalisse ti danno speranza? Se sì, come?
- Gesù ha vinto. Tu puoi vincere? Come?
Lunedì 16 aprile
TESTIMONIANZA
Il santuario celeste
di Lauren Shields, Tampa, Florida, U.S.A.
Apocalisse 11:19; Ebrei 8:1, 2
Il tema ricorrente del santuario, nel libro dell’Apocalisse, è cruciale per capire il ruolo di Cristo come nostro sacerdote celeste. La domanda «Cos’è il santuario?» trova una chiara risposta nelle Scritture. Il termine santuario, come usato nella Bibbia, si riferisce per prima cosa al tabernacolo costruito da Mosè, secondo le indicazioni divine; e poi, al «vero tabernacolo» in cielo, che il santuario terreno simboleggiava. Alla morte di Cristo, il servizio tipico è finito. Il «vero tabernacolo» in cielo è il santuario del nuovo patto.
I luoghi santi del santuario in cielo sono rappresentati dalle due sezioni del santuario sulla terra. In visione, l’apostolo Giovanni vide il tempio di Dio in cielo, lì osservò che «Davanti al trono c’erano sette lampade accese» (Apocalisse 4:5). Vide un angelo «con un incensiere d’oro; si fermò presso l’altare e gli furono dati molti profumi affinché li offrisse con le preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro posto davanti al trono» (Apocalisse 8:3).
Al profeta fu permesso di vedere il luogo santo del santuario in cielo, e lì vide le «sette lampade accese» e l’«altare d’oro», che nel santuario sulla terra erano rappresentati dal candelabro d’oro e dall’altare dei profumi. Di nuovo, «il tempio di Dio che è in cielo si aprì» (Apocalisse 11:19), ed egli guardò oltre il velo interno, nel luogo santissimo. Qui vide «l’arca del suo patto», rappresentato dalla cassa sacra costruita da Mosè per contenere la legge di Dio.
Mosè fece il santuario terreno seguendo uno schema che gli era stato mostrato (Esodo 25:8, 9). Paolo insegna che quello schema seguiva il vero santuario, che è in cielo (Ebrei 9:24). E Giovanni testimonia che l’ha visto in cielo.
Il santuario in cielo è il centro dell’opera di Cristo per conto degli uomini. Riguarda tutte le persone che vivono sulla terra. Come dice Ellen White, «Quando Cristo ascese al cielo, ascese come nostro avvocato».[1] «Il Cristo, il Sommo Sacerdote per eccellenza, presenta il suo sacrificio al Padre in difesa del peccatore, e porta sul suo cuore il nome di ogni persona che, pentita, confida in lui. Il salmista dice: “… Son misero e bisognoso, ma il Signore ha cura di me…” (Salmo 40:17)».[2]
Rispondi
- Metti a confronto l’immagine di Cristo come nostro sommo sacerdote e Cristo come Agnello sacrificale di Dio.
- Il ruolo di Cristo nel santuario, com’è raffigurato in Apocalisse?
[1] Ellen G. White, The Faith I Live By, p. 202.
[2] Ellen G. White, Patriarchi e profeti, p.291
Martedì 17 aprile
COME FARE
Gesù come nostro esempio
di Ysabella Paredes, Antioch, California, U.S.A.
Apocalisse 1:18; 21:6
Si tratta di Gesù! Dal suo inizio fino alla fine, la Bibbia ci rivela chi è Gesù veramente. Nel libro dell’Apocalisse, si dipinge un’immagine bellissima di Gesù e di tutto il bene che egli è, che ha fatto e che farà nei tempi della fine.
Una parte importante del seguire Cristo è diventare più simili a lui. Sembra impossibile essere perfetti come era Cristo. Ma, se cerchiamo nelle Scritture per vedere che tipo d’immagine Gesù aveva, vedremo che è abbastanza fattibile. Ecco alcuni passi:
Vivi fedelmente. Nella Bibbia, Dio è chiamato fedele (Deuteronomio 7:9; Ebrei 10:23, per esempio). Anche noi dobbiamo vivere fedelmente. Cioè, se prendiamo dall’immagine di Cristo, anche noi dobbiamo essere fedeli. Fedeli ai comandamenti e fedeli nell’amare e onorare Dio.
Sii vivo in Cristo! Questo significa, svegliati! Goditi le benedizioni che Cristo dona quotidianamente. Accogli la grazia e la misericordia che Dio ti mostra. Cogli i momenti preziosi che Cristo condivide con te — che si tratti della luce del sole che ti colpisce in faccia mentre vai a lavorare, della pioggia che picchia sulla tua finestra la sera, o perfino il silenzioso conforto nel cuore quando stai affrontando una lotta interiore. Sii vivo in Cristo. Apocalisse 1:18 ci ricorda che anche se Cristo è morto, è anche risorto ed è vivo. Quindi, come Cristo è risorto con la gloria del Padre, anche noi possiamo avere una nuova vita (Romani 6:4). Ricordiamoci di vivere la nostra vita in Cristo e di essere vivi.
Condividi ciò che Dio ti ha dato. Non solo ti ha dato la vita, ma ti ha anche dato la salvezza. Ha dato la Bibbia così che tu possa leggere di lui e conoscere tutte le buone cose che ha fatto. Ti ha dato la tua testimonianza. Siamo «opera sua» e creati «per fare le opere buone» (Efesini 2:10). Non siamo capaci di dare la vita eterna, ma possiamo piantare i semi per quelli che hanno bisogno di essere annaffiati e che devono ricevere la buona notizia che c’è qualcosa di molto più grande di questa vita.
Rispondi
- Perché è importante per te vivere in Cristo, specialmente nei tempi della fine?
- Cosa ti trattiene dall’impegnarti totalmente nel vivere una vita per Cristo?
- Qual è la sfida più grande nell’essere un seminatore
Mercoledì 18 aprile
OPINIONE
Io cosa ci guadagno?
di Renae S. Cross, Tolland, Connecticut, U.S.A.
Apocalisse 3:21
Quando guardiamo l’Apocalisse, vediamo Gesù in diversi modi. Lo vediamo come l’alfa e l’omega, il principio e la fine, il re sul trono, l’Agnello che è stato immolato, il testimone fedele e tanto altro. Quello che spesso non vediamo immediatamente è Gesù il motivatore. In Apocalisse 3:14–21, Gesù descrive la chiesa di Laodicea, la chiesa tiepida e l’ultima delle sette chiese descritte da Apocalisse 1:20 fino ad Apocalisse 3:22. Descrive questa chiesa come «né freddo né fervente» e «infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo» (vv. 15, 17). Ma poi Gesù dice alla chiesa che quelli che vincono il loro stato infelice e si pentono, avranno diritto a sedersi con lui sul suo trono (v. 21). Che onore!
Ma perché Gesù deve darci questa spinta? Trovarci con lui in cielo non è abbastanza? Spesso trovo di non avere la voglia di fare qualcosa di semplice come sorridere a qualcuno o dire «buongiorno». Se non posso neanche fare una cosa semplice, come potrei darmi la spinta a uscire dal mio stato infelice? È per questo che Gesù è lì ad aiutarmi lungo la via e a darmi un obiettivo alla fine del mio viaggio.
Gesù non spinge con la paura. La sua spinta viene con promesse positive di renderci più di quello che siamo. Le descrizioni negative di Apocalisse sono lì per mostrarci le conseguenze di non scegliere Gesù. Ma una delle caratteristiche migliori di Gesù è la sua disponibilità a mostrarci entrambe le facce della medaglia. Ci mostra chiaramente il modo in cui finiscono i malvagi, poi ci dà la motivazione per unirci a lui con le promesse che fa.
Si potrebbe pensare che seguire Gesù e uscire dal nostro stato infelice, miserabile, povero cieco e nudo sia una motivazione sufficiente. Il nostro problema è che non sappiamo cosa siamo. Diciamo a noi stessi, «Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente». Ma Gesù ci prende da dove siamo, ci mostra il nostro stato e dice, «Anche se pensi di stare bene, non è vero. Io ti posso aiutare». Poi, ci promette che possiamo sederci accanto a lui sul suo trono. Questa è una motivazione piuttosto buona.
Rispondi
- Se Gesù non ci offrisse una spinta, quanti di noi lo seguirebbero semplicemente perché lo amiamo?
- Se Gesù ci offrisse la motivazione, ma arrivati in cielo non ci desse l’opportunità di sederci sul suo trono con lui, lo serviresti comunque?
Giovedì 19 aprile
EVIDENZA
Eredi del trono del Padre
di Marissa Carlson, Lincoln, Nebraska, U.S.A.
Apocalisse 3:21
«Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono» (Apocalisse 3:21). Questo versetto spesso viene usato come un «versetto di conforto» in tempi difficili. Anche se questo versetto è incredibilmente confortante, specialmente in brutte situazioni, in realtà è una promessa: la promessa di un’eredità.
La parola vince in questo testo viene dalla parola greca nikaó, che significa «sconfiggere».[1] In questo versetto particolare, può anche essere tradotta come «sconfigge», e ha la connotazione di un conflitto. Nikaó viene usata in Apocalisse sei volte prima di questo versetto per descrivere la ricompensa di chi vince (nikaó), e ogni volta che si parla di chi vince, è appena dopo un messaggio a una delle sette chiese, indicando la battaglia combattuta per sconfiggere i problemi di ogni chiesa.
Le ricompense per la vittoria sono la vita eterna, un nuovo nome o una nuova identità, o sovranità in cielo. Dopo aver guardato tutte queste ricompense, sembrerebbe che Dio non sia così preoccupato per l’aspetto esteriore ma piuttosto di dove si trova il nostro cuore. Ogni ricompensa deriva da una questione di carattere. La vita eterna viene dalla consapevolezza dei nostri fallimenti e l’accettazione della grazia di Dio. La nostra nuova identità in Cristo viene dalla relazione che abbiamo sviluppato con lui. Infine, la nostra sovranità in cielo ritorna alla nostra identità, perché la nostra identità in Cristo è quella di figli.
«Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui» (Romani 8:16, 17). Siamo eredi di Dio. Vincendo con la potenza di Cristo, ci viene dato il diritto di governare con Dio, il diritto di sedere sul suo trono.
Mentre questa è una promessa meravigliosa, viene anche con una grande responsabilità. I principi e le principesse della terra si impegnano molto per imparare come governare il loro paese per poter essere i migliori sovrani possibile. Imparano dai successi e dai fallimenti dei loro genitori, ma noi abbiamo un Padre perfetto. Egli è l’esempio massimo di come dovrebbe essere un re. Stabilendo una relazione intima con lui, possiamo imparare come fare per essere come lui e come essere veri eredi del regno.
Rispondi
- La tua posizione è quella di un erede; che effetto fa, sulla tua autostima?
- In quali modi in puoi aumentare la tua conoscenza del tuo Padre celeste?
- Sei un erede? Il tuo modo di vivere, dovrebbe cambiare alla luce di ciò? Se sì, come?
[1]. James Strong, Strong’s Exhaustive Concordance of the Bible (Abington Press, 1890), Greek Lexicon G3528.
Venerdì 20 aprile
ESPLORAZIONE
Rivelazione di un Dio personale
di Hannah Ashburn, Lincoln, Nebraska, U.S.A.
Apocalisse 1:1–8, 18
CONCLUSIONE
Quando si studiano le profezie e l’Apocalisse, è facile perdersi nelle formalità. Apocalisse 1:1–8 ci dà un’idea del vero tema: un Dio personale, fedele. Apocalisse proclama, «[io sono] il vivente» (v. 18), e «A lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» (v. 5). Il Dio dell’universo è vivo, e ci ama. Che bella notizia quella della salvezza attraverso il Padre! Esplorare le profezie bibliche ci sfida a indagare più a fondo la verità. Come cercatori di verità, il nostro compito è di cercare il volto del Dio vivente e accettare il dono dell’eternità che egli ci offre con amore.
PROVA A
- Scrivere domande che vorresti porre agli apostoli o a Gesù. Si possono trovare risposte a queste domande con uno studio più approfondito della Scrittura?
- Usare il tuo mezzo di espressione artistico preferito, per creare un promemoria visivo di questa dichiarazione di Cristo: «Io sono l’alfa e l’omega».
- Comparare i testi chiave proposti di giorno in giorno dalla lezione, su diverse versioni bibliche. Nota le differenze e riflettici sopra.
- Passeggiare nella natura, esplorando e godendoti il momento.
- Interagire con alcuni amici con cui potresti non parlare di religione, scambiando punti di vista, trovando punti in comune e tenendo una mente aperta.
CONSULTA
- Marco 13:7; Apocalisse 21:4–6.
- Ellen G. White, Messaggi scelti, vol. 1, capitolo 24, «L’alfa e l’omega»; capitolo 42, «La rivelazione di Dio».
- Max Lucado, When Christ Comes
LEZIONI PER GIOVANI (18-35 ANNI)
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